L’Agone
di Enzo Gambin
Nomi dialettali:
sardina, sardella, sarda
L’agone appartiene alla famiglia dei Clupeidae, è specie stanziale dei grandi laghi prealpini, nel lago di Garda costituisce popolamenti particolarmente abbondanti, ha il corpo ricoperto da scaglie cocloidi e caduche, testa a profilo triangolare, bocca ampia e obliqua con mandibola sporgente, occhio grande e ricoperto da membrana spessa e trasparente.
Sul ventre è presente una sorta di carena dentellata e tagliente dovuta alla presenza di scaglie ventrali modificate.
La pinna caudale è forcuta, le pinne ventrali sono piccole.
Il colore del dorso è verde azzurro, argenteo nei fianchi.
L’agone è il pesce più pescato nel lago di Garda ed è catturato con reti, rependente e sciaolotto, e con la canna da riva.
L’agone ha carni buone, bianche, delicate e gustose.
Agone (Alosa phallax laciustris)
Da sempre l’agone è la specie più pescata e rappresenta, ancora oggi, annualmente circa il 40-50% della produzione ittica di cattura del Benaco.
Il Grattarola nella sua Historia della Riviera di Salò (Brescia 1594) scriveva: “Si pigliano sardine delle quali se ne traggono talora fin a dieci mila libbre alla volta; elle notano a stormi, come volano li stormi per l’aere, specialmente da che il sole entra nei Pesci, fin che esce di Gemelli, e da che entra nel Cancro fin che esce dalla Vergine..”.
Nel Garda l’agone è il pesce più popolare, il pesce “della provvidenza”, capace, un tempo, in momenti di copiose catture d’infondere nei paesi rivieraschi, immusoniti da una cronica miseria, una letizia comune. Per questo tipo di pesce un tempo si usava delle reti chiamate Arcagne, Sardenari, Petorgne e, alla fine del 1676 comparve il Remato che, con decreto del Podestà di Verona del 1 maggio 1677 ne viene proibito l’uso perché dannoso alla pesca “de sardinea”. Questa pesca era retta infatti da un vero e proprio regolamento consuetudinario riportato nella “Corporazione degli antichi originari” del 1452.
Compagno del pescatore d’agoni, durante tutti i mesi invernali, è il gabbiano, un uccello sacro perché scruta le acque in cerca di cibo e quando si tuffa e ritorno tenendo fra gli artigli l’agone, con il suo strido di gioia, indica al pescatore dove lanciare le reti. Per questa armonia ed unione di sforzi il poeta veronese Vittorio Betteloni (1840-1910) ci ha lasciato un’ottava nel Canto I del suo poemetto “Il lago di Garda”:
Io son, Benaco, quell’augel tuo bianco, ch’errante a lungo d’alimento in traccia, come sente per l’aere venir manco il remeggio dell’ali, in su la faccia abbandona dell’acque il corpo stanco, e tu lo culli su le immense braccia; tal ch’ei sotto le piume il capo asconde e s’addormente su le placid’onde.
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