Tornano gli Asparagi
di Enzo Gambin
Tornano gli asparagi: tra piaceri, mito e qualche novità
Giusto un anno fa abbiamo raccontato le “Origini e storia dell’asparago”, iniziando con ”è tempo d’asparagi”, ora, che i tepori del debole sole febbrarolo hanno di nuovo fatto emergere i turioni, torniamo a questo meraviglioso ortaggio, che segna il passaggio dal gelo al tepore della Primavera.
L’asparago spunta solitario, può presentarsi di un bianco schietto, o di un verde luminoso, oppure con una veste violetta ed è elemento di distinzione dell’economia contadina e motivo d’orgoglio in cucina.
L’asparago ha la vita breve, appena colto è mangiato, e da tanti piaceri in tavola; ha pure molte virtù, come quella che è ai primi posti nella classifica dei cibi afrodisiaci. Poche note sono, invece, le sue relazioni con i filosofi, come Plutarco, il quale afferma che furono proprio gli asparagi motivo di nascita dell’espressione latina “de gustibus non disputandum est”, modo di dire ancora di grande utilizzo, tanto nell’oralità quanto nello scritto. Ecco il fatto, Plutarco, nel suo “Elogio del dictator perpetuus”, racconta di Caio Giulio Cesare, trovandosi a Milano in una serata primaverile, fu invitato con i suoi ufficiali a cena dal notabile Valerio Leone. Furono serviti carni e formaggi, Valerio Leone offrì pure degli asparagi, appena spiccati da terra, cotti velocemente e conditi con burro fuso.
Agli ufficiali romani, abituati ad accompagnare gli asparagi con l’olio d’oliva, quella portata non parve gustosa e ne nacque una discussione. Cesare, non volendo suscitare malevolenze con il padrone di casa, finì in fretta la divergenza d’opinioni con la frase “de gustibus non disputandum est”, ossia “sui gusti non si discute”.
Quella non fu l’unica volta che Plutarco s’interessò d’asparagi, ma li riprese come interpreti nel racconto del viaggio Teseo alla riconquista del trono di Atene in “Vite parallele”: “Mi auguro che l’elemento mitologico, da me depurato, sottostia a quello razionale e assuma aspetto storico. Ma se audacemente esso avrà in disprezzo l’attendibilità e non ammetterà accordo alcuno con la verosimiglianza, pregherò i lettori benpensanti di accogliere con indulgenza il racconto di fatti che appartengono a tempi remoti”. Teseo “Messosi in cammino, nella regione di Epidauro .... sull’istmo uccise il brigante Sinide, detto il –Piegapini-, che pare usasse legare i malcapitati passanti a due pini piegati che fatti scattare verso l’alto dilaniavano la vittima“. Dopo aver ucciso il bandito, Teseo, preso dall’aggressività, rivolse la sua violenza verso la giovane figlia del fuorilegge, Perigune, “molto bella e molto alta”, ma questa si rifugiò nel suo giardino, dove teneva degli “asparagi selvatici” e li invocò di nasconderla, promettendo loro di non estirparli né di bruciarli. Gli asparagi sollevarono i loro i loro rami, sterposi e sarmentosi, e coprirono la giovane, rendendola invisibile. Placatasi l’aggressività, Teseo, con buone parole, tentò di convincere Perigune a uscire dal nascondiglio, con la promessa che non le avrebbe fatto alcun male. Esitante, Perigune venne fuori dal ricovero e, tra i due, germogliò persino una simpatia, tanto che nacque un bambino, Melanippo.
L’interpretazione del racconto è, comprensibilmente, compresa in un atto d’iniziazione, dove il nascondimento tra i rami d’asparagi raffigura il regresso della vita e, la dissoluzione delle forme, data dalla stagione invernale, l’uscita è un gesto di nascita, fortificata e feconda, che ritrae la primavera. Gli asparagi ripromettono, quindi, il mito delle stagioni, come Persefone, o Proserpina, con una differenza, queste due dee non svolgono alcuna funzione, ma, solamente, rappresentano il simbolo della rinascita. Plutarco intravvede, invece, nella natura degli asparagi non solo la capacità di rigenerazione, ma, anche, quella di soccorso dai mali. In effetti, dal punto di vista botanico, all’asparago fu attribuito il nome binomiale di “asparagus officinalis”, a intendere con “officinale” che ha proprietà benefiche per l’organismo umano. L’asparago è, infatti, poco calorico, è diuretico, è ricco di fibre, acido folico, vitamine A, C, E, alcune del gruppo B, sali minerali, quale fosforo, calcio, potassio, cromo, che è collegato, all’insulina. Il consumo dell’asparago è consigliato per la prevenzione del diabete di tipo due, le patologie del sistema nervoso e cardiocircolatorio; aiuta la digestione, è un antinfiammatorio naturale. Gli asparagi hanno pure buoni contenuti di triptofano, un amminoacido che non è prodotto dall’organismo, quindi, deve essere assunto con il cibo e che serve per sintetizzare la serotonina, che è quell’importantissimo neurotrasmettitore legato alla felicità. Quest’ortaggio però ha un’inadeguatezza ed è data dall’odore intenso che accompagna l’urina nelle ore immediatamente successive al suo consumo.
Di questo problema la scienza se ne è occupata già dal 1891, quando apparve il primo studio indagatore di quella molecola responsabile dell’odore, al tempo, la colpa fu attribuita al metilmercaptano, un gas incolore e maleodorante. Da allora proseguirono altre ricerche e si trovarono altri responsabili, come i composti solforati, con una particolarità, questi non sono presenti negli asparagi. S’ipotizzò, allora, che questi composti fossero frutto di qualche processo metabolico non identificato.
Al momento le indagini sono ancora in corso, probabilmente continueranno. Qualunque sia la causa, importante è sapere che ciò che accade nell’urina è una condizione assolutamente innocua e non indica alcun tipo di problema medico, l’odore se ne va dopo poche ore. È singolare, pur tuttavia, considerare che le prime descrizioni di orine maleodoranti le abbiamo solo nel 1731, quando John Arbuthnot, matematico scozzese e medico della regina Anna di Gran Bretagna, scrisse “gli asparagi […] alterano l’urina con un odore fetido (specialmente se raccolti ancora bianchi) e quindi alcuni medici hanno sospettato che non siano benefici per i reni”. Perché allora Plutarco, ma con lui gli agronomi Marco Porcio Catone e Plinio il Vecchio e il gastronomo Apicio, che, degli asparagi, hanno scritto sia le tecniche di coltivazione e sia gli utilizzi in cucina, hanno sempre ignorato il problema delle esalazioni maleodoranti delle urine, forse perché erano talmente garbati da non scrivere nulla o, più semplicemente, avevano varietà di asparagi che non stimolavano effusioni sulfuree.
Probabilmente la risposta è in quest’ultima considerazione, in origine si conosceva solo l’asparago verde, poi, nel 1500, arrivò l’asparago bianco. Agli inizi del 1700, poi, iniziò un’importante selezione degli asparagi, particolarmente in Olanda, Belgio e Francia e si ottennero varietà con pregi qualitativi e quantitativi superiori alle passate epoche.
Da allora sia la tecnica agronomica di coltivazione e sia le varietà d’asparago, hanno subito miglioramenti nell’aspetto del prodotto, nella qualità e nella produttività, allontanandosi notevolmente dalle caratteristiche degli asparagi di epoca romana. Lentamente si sta pure allungando la stagione di raccolta degli asparagi che, da prodotto tipicamente primaverile, si sta prolungando anche a fine estate inizi d’autunno con gli “asparagi settembrini”.
A maggior ragione, allora, dovremo dar credito alle riflessioni di Plutarco che, nell’asparago, intravvedeva un archetipo di ortaggio in grado di portare risveglio e innovazione.
Ora basta perdersi in chiacchiere tutti a tavola con gli asparagi.
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