La ciociaria agricola Romano Cardinali
di Silvia Allegri
È un privilegio conoscere il signor Romano Cardinali.
Un gentiluomo raffinato e cortese come se ne incontrano pochi in giro, capace di raccontare con grande classe, facendola apparire quasi semplice, una storia che in realtà è davvero straordinaria.
E ci ricorda quanto sia essenziale, nella vita e nel lavoro, la passione.
Quella vera.
Da lavapiatti a mâitre, la carriera luminosa di Romano
Tutto iniziò a Porciano, frazione del comune di Ferentino, in provincia di Frosinone.
“Sono un ciociaro doc, nato nel 1942 in una famiglia di contadini.
Eravamo sette figli e come accadeva sempre, a quei tempi, a un certo punto noi fratelli siamo andati via dal paese in cerca di lavoro”. E così Romano, a 17 anni, diventò lavapiatti in una trattoria di Roma, e ci restò per più di un anno. Poi, racconta, arrivò il colpo di fortuna: “Ebbi la possibilità di andare al Grand Hotel a Roma, che apparteneva alla prestigiosa Ciga, Compagnia Italiana Grandi Alberghi, fondata a Venezia nel 1906 e che operava nel settore alberghiero di alto livello e di lusso. Allora il Grand Hotel si occupava anche dei banchetti a Palazzo Chigi, ci caricavano sul pullman e andavamo a fare il servizio, e poi si ritornava. Non fu facile imparare.
Penso a certi dettagli: in quel periodo il pollo e le arance si dovevano tagliare e servire davanti al cliente.
Ricordo mio sorella che mi comprava le arance per farmi esercitare, e trascorrevo ore ad allenarmi.
Da quel momento, con un contratto di apprendista al ristorante, è iniziata l’avventura.
Poi ho fatto domanda al Brenners Park Hotel di Baden Baden e sono partito per la Germania.
I tedeschi? Ho un bel ricordo di quell’esperienza, fui l’unico dello staff invitato a mangiare a casa dello chef. Poi il Grand Hotel di Parigi, poi un grande ristorante di Londra”.
Risale a quel periodo il fatale incontro con Verona, dove Romano arrivò per andare a trovare un amico.
“Sono diventato mâitre al Grand Hotel di Corso Porta Nuova, poi direttore responsabile all’hotel La Pineta a Cerro Veronese, che nel frattempo ho acquistato e totalmente ristrutturato.
E ancora, ho lavorato al Due Torri”.
Fino all’incontro con il direttore generale dell’Ex Autogerma, dal quale Romano seppe che era in apertura la mensa aziendale
E intanto erano stati fatti ulteriori, decisivi passi in avanti: la gestione del ristorante all’interno della Fiera di Verona, che prosegue tuttora, e al quale oggi si affianca anche il ristorante self-service, l’apertura del ristorante La Ginestra in Corso Milano, e ovviamente la Cardinali Romano Catering & Banqueting, azienda nata nel 1978, catering d’eccellenza per matrimoni, ricevimenti, eventi aziendali e privati.
Il più grande piacere? Sapere che un cliente è stato bene. E aprire per primo la porta dell’ufficio ogni mattina.
Romano Cardinali ripercorre le tappe della sua carriera seduto alla scrivania, nello studio del suo ufficio.
Oltre alle parole, ci sono le immagini che parlano: istantanee che lo ritraggono insieme a papa Giovanni Paolo II e a papa Benedetto XVI, con il cardinale Ruini e il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, con Carlo Azeglio Ciampi, allora Governatore della Banca d’Italia, e ancora in compagnia di artisti, stelle dello spettacolo, dirigenti di multinazionali. Ma sono ormai decine di migliaia le persone che hanno apprezzato la professionalità del suo staff e la qualità eccellente del servizio. “Ricordo un’assemblea dei soci della Banca Popolare, abbiamo servito 7500 pasti. La mia soddisfazione più grande, che va oltre al guadagno? Arriva ogni volta che un cliente mi dice: Sono stato bene. È quello l’obiettivo mio e della mia squadra”. E Romano svela i tre ingredienti del suo successo: “La salute, la volontà di lavorare e mia moglie, che si è presa cura dei nostri figli permettendomi di sostenere ritmi inimmaginabili. Con tutti i viaggi che ho fatto, alla fine mi sono trovato una moglie ciociara ed è stata una meravigliosa fatalità!”.
Oggi, arrivato al traguardo di 82 anni, Romano non ha nessuna intenzione di cambiare ritmo: “Sono sempre il primo ad aprire la porta dell’ufficio”. Intanto, nei suoi ricordi l’immagine di quel ragazzino di 17 anni che lavava i piatti lontano da casa è sempre rimasta nitida. “Quando mi dicono che sono stato fortunato, ammetto che è così. Ma non dimentico quante paia di scarpe ho consumato, quante notti insonni ho trascorso, a ragionare e a fare i conti. Penso anche a certe fiere che duravano 9, 10 giorni.
Si preparava per il pranzo, si preparava per la cena, si smontava, una doccia veloce all’alba e via, a preparare per il giorno successivo. Il mio è un lavoro stressante e faticoso, ma io ne sono innamorato. E quando c’è la passione si lavora anche 18 ore al giorno”.
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