Taste Vin: uno strumento per degustare il mondo. Da cinquantanni
di Marina Grasso
«Dobbiamo uscire almeno per un anno, eh?». Così Giuseppe Maffioli ammoniva il giovane Annibale Toffolo nel 1974, mentre progettavano una nuova rivista dedicata a “vino, grappa, gastronomia e varia umanità del Veneto”.
E con il numero che festeggia (“celebra” è un termine che Maffioli avrebbe cassato) i 50 anni di Taste Vin è doveroso ricordarle, quelle parole, immaginando anche il tono imperioso di “Bepo” Maffioli, preoccupato di legare il suo già autorevole nome a un giovane uomo che aveva conosciuto come suo scolaro quindici anni prima e a un’avventura editoriale fondata su temi che erano ancora lontani dal diventare di ampio interesse, per non dire modaioli.
Perché a questa festa per i 50 anni di quella che è sicuramente una delle riviste enogastronomiche più longeve d’Italia, “Bepo”, scomparso nel 1985, è idealmente l’ospite d’onore, non solo e non tanto come “padre fondatore” e come primo direttore, ma soprattutto dell’affermazione dell’enogastronomia come cultura, in anni in cui era ancora lontana dall’essere argomento di conversazione nei salotti o bizzarro spettacolo nei televisivi.
Ancor oggi illuminante è il suo primo editoriale, quel “Ci presentiamo” che apriva il primo numero di “Vin Veneto” (diventato “Taste Vin” nel 1989, per assecondare gli ampliati orizzonti territoriali dei suoi interessi e dei suoi successi): «Mi sento un poco come il buon Noè, che raccoglieva tutti i suoi beni nell’arca, un’area morale, dove conservare tradizioni, naturalezza e genuinità, in un mondo che sta affogando nelle sofisticazioni, nell’inquinamento della natura, nella dimenticanza di tutte quelle peculiari realtà che erano la caratteristica felice della nostra gente e della nostra terra». Specificando poi: «Certo è un impegno notevole e ci auguriamo che tutti i nostri lettori ci aiutino ad assolverlo con l’apporto delle loro idee, con l’esporre i loro problemi, con precise segnalazioni e controllate informazioni, permettendoci così di rispecchiare nel modo più esatto una realtà anche non sempre e non solo consolante, circa la nostra produzione non solo enologica, ma di tutto quanto nasce e prospera nell’appassionato rapporto dell’uomo con la natura in cui vive, seguendo quelle tradizioni che la saggezza dei secoli è andata creando e che la delinquenziale stupidità di pochi anni solamente sembra voler cancellare» (N. 1-1974).
Cinquant’anni dopo quelle parole esprimono ancora il disincanto di chi già allora riconosceva nella salvaguardia della tipicità non un istinto conservatore ma una necessaria e drammaticamente attuale tutela del rapporto con la natura. E, sempre scorrendo i primi editoriali con cui Maffioli esponeva i programmi di “Vin Veneto”, ecco un’altra connotazione straordinariamente moderna e lungimirante delle prospettive della rivista: «Scontati tutti i miraggi di una ingannevole civiltà dei consumi, bisogna, come si dice da noi, “tirar i remi in barca” e far la somma dei valori più autentici e nostri, in un convivere umano che tenga conto dei nostri brevi confini, ma senza perdere di vista quelli dell’Italia e dell’Europa, e del mondo al quale apparteniamo».
Perché, e qui emerge tutta la curiosità vorace, cui troppo spesso si antepone la voracità curiosa di Maffioli ricordandolo con un pizzico di arbitrarietà: «Non c’è civiltà e modo di vivere dell’occidente o dell’oriente: c’è un solo modo di vivere in libertà, e considerate le esperienze altrui, ci accorgiamo che possiamo anche superarle, partendo da una sicura base di cooperazione attuata con tollerante spirito democratico, convinti che si possa far “buona politica” anche pigiando l’uva, vinificando, coltivando e allevando, per la prosperità propria e per il benessere di tutti» (N. 3-1975).
È stato grazie al moderno e lungimirante valore attribuito alla tavola, intesa come crocevia di culture e di “buona politica”, che quel «Dobbiamo uscire almeno per un anno» è stato l’inizio di una storia lunga mezzo secolo. Durante il quale Maffioli se n’è andato troppo presto, a soli 60 anni, e Toffolo ha preso coraggiosamente il timone di quell’arca ideale dove ha continuato a imbarcare idee, valori, prodotti e varia umanità non solo dal Veneto ma da tutto il mondo.
Perché il mondo, nel frattempo, si è molto “rimpicciolito” e gli orizzonti eminentemente veneti della prima ora si sono di conseguenza enormemente allargati. E quel “Vin Veneto”, che nel titolo si poneva confini, è diventato “Taste Vin”, iconico strumento internazionale, alleato di ogni buon curioso per degustare le vicende del mondo.
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