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Un calice di Custoza

di di Silvia Allegri

Fresco, profumato, leggermente aromatico. Un calice di Custoza è davvero irresistibile, soprattutto con l’aprirsi della bella stagione. Da gustare da solo, come gradevole aperitivo, o in abbinamento a piatti dai sapori primaverili, questo vino nasce in una zona d’Italia di rara bellezza e ricca di storia e si sta facendo riscoprire, conquistando il pubblico degli appasionati e degli intenditori per la sua personalità spiccata, e finalmente valorizzata. Merito di questo percorso sono l’impegno e la dedizione di tutta la filiera di produzione, in risposta alle esigenze di un mercato che ricerca identità e uno stile contemporaneo, capace di unire tradizione e innovazione.

 

Doc e disciplinare

La Doc, istituita nel 1971, prende il nome da Custoza, storica frazione del Comune di Sommacampagna celebre per due battaglie che vi si combatterono durante le guerre del Risorgimento italiano.

Questo piccolo borgo era un’antica stazione di guardia e di custodia che, costruita nel XIII secolo, cioè nel periodo delle guerre fra mantovani e veronesi, controllava dall’alto le colline della via Postumia.

La zona di produzione del Custoza Doc si estende tra i comuni di Sommacampagna, Villafranca di Verona, Valeggio sul Mincio, Sona, Bussolengo, Lazise, Pastrengo, Peschiera del Garda, Castelnuovo del Garda.

Il Custoza Doc è prodotto principalmente con le uve Garganega, Trebbianello (biotipo locale del Tocai Friulano) e Bianca Fernanda (clone locale del Cortese), utilizzate da sole o congiuntamente, per un minimo del 70% di cui ciascun singolo vitigno non può superare un massimo del 45%. A esse si possono aggiungere, fino a un massimo del 30% (da sole o congiuntamente), uve provenienti dai vitigni a bacca bianca Malvasia, Riesling, Manzoni.

Un territorio unico, tra escursione termica e brezze lacustri

L’area di produzione del Custoza Doc si trova in territorio che unisce le bellezze naturali alla ricchezza di storia, cultura e tradizione. Ma soprattutto, clima e terroir sono ideali per l’ottenimento di uve sane: siamo nell’anfiteatro morenico, con terreni leggeri e ricchi di materiale roccioso proveniente dalle pareti delle montagne grazie all’erosione operata dai ghiacciai in tempi antichi. La presenza di abbondante ghiaia consente di garantire un perfetto drenaggio dell’acqua e la composizione prevalentemente calcarea conferisce ai vini sapidità e mineralità.

Qui, nonostante i cambiamenti climatici interessino ormai ogni parte del mondo, le estati continuano a essere calde, certo, ma mitigate dalle brezze del lago di Garda. Le leggere altitudini contribuiscono poi alle escursioni termiche, che permettono una maturazione completa delle uve e la loro salubrità, garantendo il mantenimento di quella acidità fondamentale per apportare al vino freschezza e profumi.

 

Numeri in crescita, insieme al prestigio

Attualmente, secondo i dati diffusi dal Consorzio di Tutela del Custoza, la Doc può contare su 1400 ettari vitati, 11 milioni di bottiglie mediamente prodotte ogni anno, 72 cantine vinificatrici, 110 aziende imbottigliatrici, 480 viticoltori. Alla fine dello scorso anno l’andamento della denominazione è stato senz’altro positivo: gli imbottigliamenti si sono attestati al + 4% sullo stesso periodo del 2023 e le giacenze sono oggi al 14% sul 2023, il valore più basso mai registrato negli ultimi dieci anni.

La ragione? L’aumento di metodi di coltivazione biologici ed ecosostenibili, con una conseguente maggiore qualità del prodotto, si è unito ai continui investimenti, da parte di Consorzio e singoli produttori, nel settore dell’hospitality. E oggi le terre del Custoza iniziano ad attrarre tour operator internazionali, venendo percepite come ottime destinazioni di turismo enologico di qualità, al di fuori dei soliti circuiti regionali. Un territorio finalmente valorizzato, quindi, distante anni luce da un passato poco glorioso che vedeva il Custoza come vino unicamente da tavola e da bar. Essenziale, a questo proposito, la recente modifica del piano dei controlli ottenuta dal Ministero, per cui il Custoza può essere venduto allo stato sfuso, in cisterna, agli imbottigliatori, solamente dopo certificazione. Un’ulteriore garanzia di qualità, dunque, dopo la modifica del disciplinare del 2019 che ha inserito la limitazione dell’imbottigliamento alla provincia di Verona e ha eliminato la possibilità di vendere Custoza sfuso nei ristoranti e nei locali.

Nel calice e… a tavola

È il blend di diverse varietà di uve autoctone a donare al Custoza una ricchezza e un sapore unici.

Ecco, allora, il profumo delicato, floreale e fruttato della Garganega, il colore brillante e deciso del Trebbianello, i sentori leggermente aromatici della Bianca Fernanda unirsi insieme alle altre varietà per creare vini facilmente riconoscibili ma anche, grazie all’abilità dei produttori, eclettici. E capaci di invecchiare davvero

ene: è del 2024 l’uscita delle prime etichette di Riserva, che rappresentano il culmine di una ricerca enologica meticolosa e di un legame profondo con il territorio. Raccontando la volontà dei vignaioli di dar vita a etichette pronte a far parlare di sé per la loro complessità e per le sfumature che scaturiscono da una più lunga evoluzione.

Il Custoza si beve fresco, ma non freddo.

Solo in questo modo potranno essere apprezzati i suoi profumi complessi, anche se sempre eleganti e non invadenti.

Si sposa alla perfezione con i piatti primaverili ed estivi della cucina mediterranea: risotto con gli asparagi, frittate con le zucchine, verdure grigliate, caprese, pesto di basilico.

Ma il Custoza si fa amare in ogni stagione, e chi lo vuole sorseggiare d’inverno potrà sperimentare un abbinamento davvero perfetto: quello con il broccoletto di Custoza, presidio Slow Food, un ortaggio che ama il freddo e viene utilizzato per preparare zuppe, minestroni, frittate e dare sapore a pasta e risotti.

Il massimo?

Fritto, da gustare accompagnato a un calice di Custoza capace di rinfrescare la bocca ed esaltarne il sapore inconfondibile.

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