In Cina 4 giovani napoletani hanno aperto il mercato ai nostri vini
di Nino D’Antonio
Forse sto cedendo a un momento di rivalsa. Al piacere, cioè, di poter esternare una volta tanto l’orgoglio di essere napoletano. E io lo sono. La città, pur nel suo illustre retaggio storico e nella sua irripetibile bellezza, è troppo spesso al centro della cronaca per fatti non certamente encomiabili. Questa volta ho tra le mani una carta vincente e non esito a giocarla con il massimo compiacimento. Ma veniamo al fatto.
Napoli, Istituto Universitario Orientale, facoltà di Scienze politiche, anno accademico 2001. Tre studenti s’incontrano per caso e nasce un rapporto amicale, profondo e sincero, destinato a imprevedibili destini. Sono Ferdinando Rizzo, Enrico Palmentieri e Ivana Mugnano. Laurea a pieni voti e convinta decisione di approfondire lo studio del cinese, viste le tante prospettive che offre quel lontano e sconfinato Paese. Poi, la comune e ferma volontà di una verifica in loco, dopo tanti studi e teorie. Ma la Cina è un pianeta, e la scelta non è facile. Matura così l’idea di puntare al Sud, destinazione Hong Kong.
Il viaggio, sulla spinta di comprensibili curiosità culturali, mescola la segreta speranza di avviare qualche attività. Intanto ai tre si aggrega il fratello di Ivana, Alessandro Mugnano, e nasce così un’impresa, pressocché dal niente. E’ il 13 aprile 2007 quando i nostri intraprendenti napoletani fanno una presentazione dei loro progetti al Castel Dell’Ovo. Tema, la Interprocom, società di intermediazione commerciale con l’estero, volta all’import dei piu’ svariati prodotti dalla Cina. E’ l’inizio di un’avventura che li portera’ in giro per le fiere di Shenzhen e Guangzhou, dove vanno con i trolley vuoti e rientrano pieni di cataloghi.
Le difficoltà non sono poche, nè facilmente superabili. Ma i nostri giovani sono anzitutto napoletani, e questo vuol dire intuito, prontezza e vivacità d’ingegno non comuni. Tutte doti che avranno buon gioco nei primi contatti con gli operatori cinesi.
Le incursioni dei quattro in territorio cinese si fanno più frequenti, i prodotti importanti sempre piu’ vari, dagli orologi agli articoli di cancelleria, ma la crisi incalza. Questo li porta a fare una riflessione: sarebbe di sicuro piu’ interessante cominciare ad esportare il Made in Italy in Cina dove il potere di acquisto raggiunge livelli per noi inimmaginabili. In pratica, si tratta di stravolgere l’attività fino ad allora svolta, ma soprattutto rispondere ad ua domanda carica di incognite: cosa esportare nella Terra di Mezzo?
E qui i napoletani hanno un lampo di genialità. E la scelta, dopo non poche indagini, cade sul vino. Che risulta subito un’idea vincente. Certo, l’impegno economico è ben diverso, rispetto all’import merceologico che li vedeva semplicemente intermediari, ma le possibilità di crescita e i sicuri sviluppi di un mercato che promette bene, incoraggiano l’impresa. Nasce così la Interprocom Cantine Divine, la quale acquista direttamente in Italia i vini che le cantine provvedono ad etichettare con questo marchio. In altri termini, è la Interprocom a garantire la qualità del Greco o dell’Amarone, della Franciacorta o del Primitivo.
Così a Shenzhen cominciano ad arrivare dalle aziende produttrici, bottiglie etichettate con immagini grafiche realizzate su misura per i cinesi, da Contessa Ivana a Conte Alessandro da Marchese Enrico a Don Ferdinando. Un’operazione studiata a lungo dai quattro amici, sia per la scelta dei nomi che per i colori. Mi raccontano infatti che una prima partita di vini non etichettati in linea con il gusto locale, ebbe poca fortuna. Ma si è trattato di un episodio isolato, che la scaltrezza dei napoletani ha superato di slancio.
Oggi la realtà operativa della Interprocom Cantine Divine è così riassumibile: sede centrale a Shenzhen, più di cinquanta dipendenti, un magazzino capace di contenere oltre ottocentomila bottiglie, un’area di distribuzione che copre ventiquattro province cinesi, fino a quelle più lontane, al confine con la Siberia. Si aggiunga che l’azienda può contare su una sede a Shanghai e una a Pechino, per cui tutti i soci passano almeno metà dell’anno in Cina e - sia pure a turni alterni - sono sempre presenti almeno in due.
In Cina c’e’ tanto, troppo da fare, ragion per cui la Interprocom Cantine Divine decide di creare una piattaforma alla quale le varie aziende vitivinicole italiane possono aderire per facilitare il loro accesso al mercato cinese del vino italiano. Il progetto “Interprocom Wine Platform” ad oggi conta circa 30 aziende iscritte con brand prestigiosi che vanno da Ca del Bosco a Bertani, dal Consorzio Produttori Vini di Manduria a Cinelli Colombini.
La straordinaria affermazione di un’azienda tanto giovane, (la Interprocom è considerata l’impresa italiana più accreditata del settore vinicolo) porterebbe a pensare a particolari appoggi e protezioni da parte dell’Ambasciata d’Italia, dei vari Consolati e dell’Istituto per il commercio con l’estero. Ma i quattro amici (a proposito, l’età media è di trentacinque anni) hanno incontrato solo una burocrazia lenta e sospettosa, che li ha indotti a rinunciare a qualsiasi contatto. Avanti da soli, all’insegna dell’amicizia, dell’affetto e dei comuni obiettivi, nessun finanziamento, nessun supporto istituzionale.
Ogni anno l’azienda partecipa alle piu’ importanti fiere di settore distribuite sull’intero territorio nazionale, a partire da Shanghai e Canton. Inoltre ogni settimana, presso la sede centrale di Shenzhen, ha luogo un wine tasting (degustazione), condotto da personale specializzato, sia italiano che cinese.
Il fenomeno dei quattro giovani napoletani, che in poco piu’ di dieci anni hanno dato vita a un’iniziativa che non ha termini di confronto, non ha trovato purtroppo molta ospitalità sulla nostra stampa, nemmeno su quella specializzata. Eppure, si tratta di una storia che ha quasi il sapore di una favola. So bene di non essere allo stadio San Paolo, ma mi viene spontaneo gridare Forza Napoli!
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