Alessandro Trotti: quando l’arte è coerenza
di Renato Molinarolo
Ho conosciuto Alessandro Trotti alla fine degli anni ‘70 durante i numerosi concorsi di pittura che ci permettevano incontri e confronti con pittori affermati ed altri che, come me, esponevano per la prima volta le proprie opere.
Ricordo ancora di lui i paesaggi, premiati o segnalati dalle commissioni di esperti, che per certi versi richiamavano alla memoria le composizioni e i colori del maestro Valter Giusti.
Il tempo, gli impegni della vita e poi un caso fortuito hanno fatto sì che ci rincontrassimo solo dopo parecchi anni, nel corso di una mia esposizione nella splendida Chiesa dei Domenicani a Soave.
Un invito nel suo laboratorio d’arte mi fa riscoprie un uomo che ha dedicato la sua vita alla pittura, un’inguaribile innamorato dell’arte ma soprattutto una persona fedele e costante: credo che Alessandro non abbia mai inseguito mode ma sia sempre stato coerente al proprio sentimento, alla propria visione della pittura.
L’onestà intellettuale gli ha permesso di percorrere l’iter artistico senza mai scostarsi dai temi a lui tanto cari.
Sono soprattutto paesaggi della sua amata terra: in essa coglie scorsi panoramici e vedute ravvicinate di contrade incastonate in un territorio “morbido e dolce” qual’è la valle del Tramigna.
Sono pennellate larghe e sicure, luminosissime, dove il colore è protagonista, diventa esso stesso struttura e composizione del quadro: tavolozza portentosa ma mai aggressiva, e qui il mio pensiero va ad alcuni tra i più importanti maestri eredi della grande scuola dell’impressionismo francese.
Nel suo studio, tra innumerevoli tele poste su cavalletti o appese alle pareti, collocate su ripiani o ammassate nei raccoglitori, pronte per essermi mostrate, una di grandi dimensioni si manifesta prepotentemente ai miei occhi: è una veduta del Monte Tenda, sullo sfondo la prima pianura.
Il taglio del dipinto è superbo: i primi piani “freddi”, poichè in ombra, si contrappongono ai colori “caldi” delle coltivazioni basse in un avvicendarsi di profili sinuosi, in un susseguirsi di piani prospettici senza difetti e senza fine. L’invenzione di quest’opera e certamente di altre?
La luce.
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