Il prezioso feudo di Filippo Antonelli
di Nino d’Antonio
“Occorre un quintale di uva per tirar fuori meno di trenta litri di Sagrantino Passito. Poi ci sono tempi lunghi per l’appassimento sui graticci. Così dopo aver primeggiato per tutto l’Ottocento, c’è stata poi la crisi del dopoguerra. Che non è legata solo all’abbandono delle campagne, ma ai costi elevati del Sagrantino, rispetto ad altri passiti, più noti e più diffusi”.
La diagnosi è di Filippo Antonelli, fra i più antichi e riconosciuti produttori di questo originario vino da messa, con un suo posto d’onore anche per qualche straordinaria ricorrenza familiare. Insomma, un lungo cursus che ha visto il Sagrantino, allevato da sempre fra Montefalco, Bevagna e Giano, affermarsi già nell’antica Roma e nel Medioevo, per poi esplodere nelle corti rinascimentali, fino alla consacrazione come miglior vino dello Stato Pontificio.
Antonelli è presidente del Centro Nazionale Passiti e titolare della San Marco, fondata nel 1881. L’azienda conta oggi ben 170 ettari, fra seminativo, bosco e uliveto, tutti compresi nel comune di Montefalco. “Quaranta ettari sono feudo esclusivo di preziosi vigneti. Si tratta di terreni a giacitura collinare (siamo sui 350 metri) profondi, argillosi e ricchi di calcare, requisiti primari per il Sagrantino”.
Laurea in Agraria, una passione per le biciclette (da ragazzo amava costruirle mettendo insieme i pezzi acquistati nei vari mercati), le lunghe pedalate da Roma a Montefalco, un record di successi in cucina, per piatti tipici romani (lo giurano gli amici e quattro figli), Filippo ha infranto la lunga tradizione di famiglia, tutta all’insegna di toghe e tocchi. “Sì, ho sacrificato una dinastia di avvocati, giudici e notai, per vivere senza mediazioni il rapporto con un grande vino. Gli studi di Agraria mi sono serviti a questo”.
Antonelli, sessantanni ancora da venire, portamento e tratti da antico gentiluomo, una naturale riservatezza, non ha troppi rimpianti per il tradimento della toga. “Oggi c’è bisogno di tecnici più che di amministratori di grosse tenute”. Benché le radici siano umbre, Filippo è nato a Roma fra Campo dei Fiori e Piazza Farnese, e qui ha vissuto. E’ da sempre un avido lettore, di quelli che spengono la luce all’alba. La sua è stata una gioventù dorata, fra la Sabaudia di Moravia e Pasolini, e i soggiorni a Forte dei Marmi, nella bella casa del nonno, Nicolò Carandini, già ambasciatore a Londra e per oltre ventanni presidente di Alitalia.
“Niente politica. Ma molto impegno negli organismi di categoria. Sono stato educato a ideali laici (papà era amico di Ugo La Malfa), temperati da una mamma di profonda fede. A parte ogni comprensibile interesse per il mondo della cultura, seguo con piacere le mostre d’arte, al di là di qualunque opzione per le varie correnti....”.
Antonelli veste con particolare cura, ma senza cedere alle mode. E ha una decisa preferenza per giacca e cravatta. Al comprensibile orgoglio per i suoi vini, aggiunge quello di aver allestito nella tenuta San Marco una grande cucina a legna. E’ un ambiente di sicuro fascino, per corsi di cucina e degustazione. Ma soprattutto per ritrovarsi con gli amici, nel feudo del Sagrantino.
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