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Perbacco!!!...e se il vino Francese parlasse Italiano?

di Michele Scognamiglio

La notizia è sicuramente di quelle capaci da far storcere il naso agli altezzosi cugini d’Oltralpe, particolarmente indispettiti ogniqualvolta devono per forza di cose riconoscere una sconfitta ad opera dei vicini Italici.

Ad ogni modo, grazie alle scoperte dell’Archeologo “del vino” Patrick McGovern sembra proprio che i francesi abbiano fatto la conoscenza ed imparato a produrre vino grazie i nostri antenati (gli Etruschi) intorno al 500 a.C.circa 2500 anni fa.

Sempre grazie alle ricerche dell’ autorevole archeologo, docente presso università di Pennsylvania in Philadelphia si sta sempre più affermando l’ipotesi che il primo incontro ravvicinato con un parente prossimo del vino si sia realizzato nella tarda Età della Pietra.

Combinando l’archeologia con la chimica e l’analisi molecolare, la cosiddetta archeologia biomolecolare, e scegliendo in questo caso come marcatore biologico l’acido tartarico,pressocchè esclusivo della vite, McGovern ha ipotizzato che i nostri lontani progenitori furono i primi a degustare succo di grappoli selvatici fermentati spontaneamente,servendosi probabilmente di otri di pelle d’animale o di grossolane ciotole scavate nel legno.

Il successivo tentativo di vinificare potrebbe essere stato determinato dalla osservazione attenta di quanto accadeva in Natura,in particolare dalla potente attrazione degli uccelli e di altri animali per la frutta fermentata,ed in tal modo decisero di sperimentare su se stessi se questo fervore in qualche modo fosse giustificato.

Le ricerche di McGovern, proseguono attualmente nella Turchia Orientale, con la collaborazione di esperti italiani e dell’università di Ankara allo scopo di risalire all’origine della prima viticoltura Neolitica, in altre parole, dove i grappoli furono coltivati per la prima volta in maniera volontaria, partendo dalla comparazione del DNA di grappoli selvatici locali e quelli delle moderne varietà.

La scelta della Turchia Orientale come regione specifica da cui partì l’addomesticamento della vite e la conseguente produzione di vino per poi diffondersi attraverso il mondo antico è giustificata dall’ipotesi che proprio in tali fertili zone pare abbia avuto origine la coltivazione determinando il rivoluzionario passaggio da un’alimentazione occasionale ad una abituale .

Tornando al primato sull’arte di far buon vino,verosimilmente le cose potrebbero essere andate così.

La Vite(Vitis Vinifera)una volta addomesticata nel vicino Oriente circa 9000 anni fa fece la sua comparsa nel Mediterraneo grazie a mercanti greci, fenici e cananei.

Attorno all’VIII secolo a.C. furono i Fenici ad insegnare la pratica della viticoltura alle popolazioni etrusche soprattutto nell’Italia Centrale e nel corso dei successivi 200 anni altrettanto fecero gli Etruschi con popolazioni della Francia Meridionale irresistibilmente affascinate dalla bevanda d’uva.

Solo successivamente si realizzarono una produzione ed una vinificazione made in Francia probabilmente proprio sotto la supervisione degli Etruschi.Queste le conclusioni a cui è giunto lo Studioso pubblicate su Proceedings of the National Academy of Sciences dopo un’ accurata analisi biomolecolare di una serie di reperti, per lo più anfore rinvenuti nella città portuaria di Lattara(attualmente Lattes) adiacente a Montpellier.

L’analisi ha dimostrato che le anfore contenevano vino della stessa epoca,inoltre analizzando un antico torchio di calcare sempre rinvenuto nella stessa zona risalente al 400 a.C. sono state rinvenute componenti chimici del vino mai ritrovate in Francia.

Pertanto appare assai probabile che i Galli inizialmente abbiano importato vino dagli Etruschi e solo dopo qualche centinaio di anni abbiano cominciato ad allevare la vite e a produrre vino autonomamente.

Con buona pace dei Vignerons francesi soprattutto quelli attivi all’interno dei monasteri medievali ai quali si deve senza dubbio il merito di aver favorito la diffusione dei metodi di vendemmia e di fermentazione del vino divenuti standard di riferimento mondiali,all’Italia tuttavia spetterebbe l’onore di aver esportato per prima l’arte del buon bere.

In attesa di ricevere altri scoop magari su formaggi ed altre eccellenze alimentari la cui paternità e superiorità è da sempre contesa con i francesi cugini, l’1 a 0 portato a casa in campo enologico richiede un brindisi a patto però che si tratti di autentico vino italiano. Santè!

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