Cinzia Sommariva: il piacere del bello
di L..G.
Come nasce l’azienda?
Papà Caterino ha avuto l’intuizione di comprare il primo appezzamento in collina negli anni 70. Allora il vino era conosciuto come semplice bianco da osteria. Io studiavo economia e disdegnavo la vita di campagna. Ho cominciato ad occuparmene a 25 anni, periodo in cui mi stavo laureando. I miei allora conferivano l’uva in cantina sociale; io ho accettato di aiutare in famiglia solo con la promessa di costruire una Cantina e creare il Marchio. Abbiamo iniziato l’imbottigliamento nei primi anni del 2000. Un bel cambiamento, perché mio padre era tutto e solo dedicato alla terra! Io ho fatto la gavetta, la garzona, le mie belle vendemmie, adattandomi a fare un po’ di tutto. Attualmente l’azienda ha 20 ettari attorno alla cantina e 50 ettari in tutto.
Qual’è la caratteristica di questo territorio?
Viviamo in un territorio talmente bello che è difficile non amarlo, si può vedere il paesaggio ogni volta diverso e ogni giorno è una scoperta. Anche i miei figli lo amano. Un giorno ho portato mia figlia Fabiana lungo la strada che porta a Valdobbiadene e si è meravigliata che fosse così vicina a dove abitiamo. Lei è ancora giovane ma già apprezza la bellezza dei ciglioni (le colline) erbate in modo naturale. L’opera dell’uomo ha saputo conservare il territorio e le sue tradizioni, con una precisa cultura enogastronomica, con luoghi circondati di bellezze naturali su piccoli borghi in connubio con l’arte. Qui possono vivere generazioni senza cercare fortuna altrove!
Come riesce a conciliare la vita privata ed il lavoro?
Con la passione che dedico quotidianamente, non riesco a definirlo lavoro. Io vivo per questo. Ho due figli, Enrico e Fabiana. Entrambi sono convinti che un giorno si occuperanno di questa azienda. Il nonno Caterino è mancato poco tempo fa, Enrico di 11. anni, era sempre con lui.
E’ già di molto aiuto, si occupa di piccole mansioni, come il taglio dell’erba. In un viaggio che ho fatto negli Stati Uniti per far conoscere il nostro marchio in quel paese, ho portato con me mia figlia Fabiana e si è meravigliata quando ha visto dove può arrivare il nostro prodotto. Pensava di studiare enologia ma le ho consigliato di fare economia, utile per la commercializzazione. Mio figlio invece senz’altro farà enologia visto il suo interesse per gli aspetti tecnici.
Qual’è la sua passione Cinzia?
Mi appassiona molto cucinare, anche sciare e giocare a tennis, ma il tempo è sempre poco. La mia aspirazione è poter aprire vicino alla cantina un luogo di accoglienza ed un Wine Shop ricevere le visite di turisti non solo italiani ma anche stranieri.
Qui non esiste la parola monotonia, l’Italia è ricca di queste situazioni e pertanto i nostri figli non hanno bisogno di andare all’estero, il tesoro ce l’abbiamo qua’.
Come vede il futuro del settore del vino?
Il futuro del vino è roseo. L’ultimo anno ci ha fatto capire quanto siamo fragili, ma ha contribuito ad arricchire la nostra forza, il settore ha comunque retto. Volendo guardare al futuro io rimango positiva. Il mondo del vino avrà sempre una posizione di rilievo. Prima del lock-down avevamo già parecchi turisti internazionali, poi con il riconoscimento dell’Unesco c’è stato ancora più interesse. Io credo tantissimo nel gioco di squadra, teniamo i piedi per terra, cercando di seguire le norme dove le tre categorie, l’uva, il vino, le bottiglie, devono essere rappresentate equamente.
Quello che oggi possediamo è stato creato con tanta fatica, abbiamo un tesoretto e occorre tutelarlo.
Questa è la nostra ricchezza e dobbiamo custodirla. Siamo sul percorso della Prima Strada del Vino, la più antica in Italia e abbiamo tante cose da raccontare.
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