Riprendiamoci il nostro futuro
di Annibale Toffolo
Oggi c’è l’auspicio che la fase della ripartenza sia prossima, anche grazie ai grandi sforzi fatti nella ricerca di un vaccino e delle migliori terapie: ma dobbiamo essere in grado di far ripartire subito ad ogni livello il turismo e l’ospitalità. Siamo un paese privilegiato per questo tipo di offerte culturali.
L’intera filiera dell’ospitalità deve essere riattivata in un’ottica di valorizzazione del nostro inestimabile patrimonio. In questi mesi abbiamo imparato ad “accorciare le distanze” attraverso i sistemi digitali e a ridurre i tanti momenti di convivialità e della socialità ai quali teniamo molto perchè sono parte integrante del nostro modo di essere.
Allora riprendiamoci i momenti legati alla nostra cultura e ai nostri gusti. Il cibo diventa identità: dire polenta, baccalà, pane, significa alludere ad abitudini e consuetudini che non sono, soltanto, necessità primarie. Sono, invece, racconto che cambia e si mantiene, mondo che si trasforma.
Il piatto parla e racconta come eravamo e cosa stiamo diventando.
La “tradizione è nello stesso momento l’idea di qualche cosa che si trasporta nel tempo e nel farlo conserva concetti, ingredienti e valori, eppure contemporaneamente “tradisce”, nega altre cose per diventare altro ancora. La cucina può raccontare questi cambiamenti, diventando metafora filosofica di un mondo che mentre rimane se stesso è consapevole del divenire, delle novità.
Capita, per esempio, che i “risi e bisi” mutino da piatto privilegiato dell’aristocrazia del Settecento veneziano a popolare risotto, ed invece che le “moeche” si trasformino, da semplice cibo di consumo popolare, a raffinato e privilegiato manicaretto per le tavole raffinate. Il racconto della nonna che ricorda una ricetta, non conserva un mondo perduto, ma lo trasforma, mantenendo alcuni aspetti e osservando come cambiano gli altri.
Annibale Toffolo
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