Borgotaro e il suo gelato
di Pier Giovanni Bracchi
Situato nell’Alta Valle del Taro, sulla riva sinistra del fiume, Borgo Val di taro, comunemente detto Borgotaro, è il centro più importante del’Appennino parmense.
Se Alba, Norcia, Acqualagna evocano in gran parte degli italiani l’idea del tartufo bianco o nero, se dici porcino, non puoi fare a meno di pensare a Borgo Val di Taro e a quei pregiati miceti che, verso la fine del secolo scorso, sono diventati addirittura “eurofunghi”, dal momento che si sono guadagnati sul campo- sarebbe meglio dire sul bosco- l’ambito riconoscimento dell’Indicazione Geografica Protetta, IGP, unico marchio in Europa attribuito ad un fungo.
Ma tuttavia, non tutti sanno, che oltre oltre al fungo, anche il gelato può vantare una singolare storia per il paese e l’alta Valtaro . Per raccontarla tutta, facciamo un passo indietro, come si diceva nei vecchi romanzi di un tempo.
E’ noto a tutti, che il gelato italiano, quello artigianale, è stato il protagonista di una larga fetta di emigrazione italiana che lo ha diffuso in Europa ed oltre Atlantico tra la metà dell’800 e i primi del ‘900. Molti di questi emigrati provenivano dalla Val Taro e dalla Val Ceno che, preparando e vendendo il dolce freddo da loro inventato, hanno fatto fortuna fuori della loro terra di origine. Uno di questi, nativo del Borgo, Giuseppe Gatti, emigrato a New York decide di rientrare al paese natale per far conoscere il gelato ai compaesani, ancora sconosciuto a quell’epoca. Siamo agli inizi degli anni ’20, la famiglia è composta da otto figli, che dopo qualche anno di scuola, iniziarono subito a collaborare con i genitori. Non era facile fare i gelati, dal momento che in paese nessuno produceva il ghiaccio e cosi “Pèin dal Gatu”, (tradotto nel dialetto locale)si recava sui monti a prelevarlo dai canali, oppure faceva scorta di grandi quantità di neve che veniva conservata in cantina. Maria, la sesta dei fratelli, aveva appena dodici anni nel 1936, quando iniziò a vendere i gelati nel paese, attività che ha continuato fino al 2002. Con la fine dell’ultimo conflitto bellico la gelateria lascia il negozio di inizio attività e si trasferisce in un locale sito all’angolo di Palazzo Boveri, sulla via principale del Borgo. La gelateria Gatti, riprende così la produzione artigianale post-bellica in questo locale davvero prestigioso, che comprende la gelateria e una attigua ampia sala da tè e servizio al tavolo. A quell’epoca la vendita del gelato seguiva una rigorosa ritualità legata al calendario: dopo il lungo inverno, il giorno di San Giuseppe, iniziava la vendita del gustoso prodotto, che si sarebbe protratta sino all’inizio dei primi freddi autunnali. Questa abitudine sembrava anche scritta - sarebbe meglio dire dipinta - all’interno del nuovo locale.
Proprio cosi: le pareti sono decorate con quattro ovali raffiguranti le Quattro Stagioni, opera di Alessandro Gherardini, “l’ultimo importante pittore fiorentino puro” dei primi del XVIII secolo. Chi entra in questa gelateria, praticamente ha messo piede, in una importante dimora storica, proprietà inizialmente dei Fieschi e, successivamente ,dei Boveri, una delle famiglie nobiliari che, insieme ad altre, hanno scandito la vita politica, sociale ed economica del paese nel periodo rinascimentale.
In seguito alle diverse vicissitudini politiche, nei confronti prima con i Fieschi e poi con i Landi, verso la metà del ‘ 600, il Borgo cambia squadra- si direbbe oggi- entrando a far parte del Ducato Farnesiano. Si può aggiungere che in quel periodo la vita borgotarese, nonostante l’alternarsi delle varie signorie e i contrasti delle opposte fazioni che hanno caratterizzato i secoli precedenti, la vita scorre in un clima di relativa tranquillità e adeguata ricchezza. La classe artigiana e commerciale fa concorrenza a quella nobiliare e con la ben nota acuta e intelligente oculatezza, i mercati del Borgo aprono la via all’economia della vallata per le vie del mondo.
Tornando al presente, immagino l’attento visitatore che , uscendo dalla gelateria con in mano il classico cono, volgere lo sguardo a questa particolare facciata che ,ad un tempo, disvela i trascorsi storici che abbiamo appena ricordato.
Ma tra questi, uno è stato senz’altro il più sensazionale, oggi lo definiremmo lo ‘’ scoop’’ dell’epoca che ha segnato la fama di questo palazzo barocco, in precedenza dei Fieschi , innalzato nel XVII secolo. Ebbene, Elisabetta Farnese, l’ultima esponente della dinastia, divenuta a soli 22 anni regina di Spagna e dalla quale discenderanno appunto i Borbone di Spagna e di Parma, ha sostato per due giorni in questa dimora, durante il viaggio per raggiungere il consorte Filippo V: è il 23 settembre del 1714.
Questo storico avvenimento è così documentato da uno degli stemmi che campeggiano sulla facciata, proprio quello con la corona ducale a cinque fioroni.
Se vogliamo poi far scorrere la macchina del tempo sin verso fine ‘800 , questo palazzo verrà individuato dai banchieri piacentini per aprire una succursale della Banca Raguzzi come è possibile vedere in questa rara foto.
Questa banca, nata a Piacenza nel nel 1878, aveva individuato questo palazzo con i simboli farnesiani, per il motivo che la destinazione d’uso di un istituto di credito doveva conferire un messaggio rassicurante per la clientela che vi affidava i propri risparmi. Questa banca, tuttavia, fallirà nel 1932, in seguito alla crisi economica del ’29.
I piacentini canticchiavano un motivetto con questi versi allusivi dialettali: ”con la banca d’Ragus, as mangia polenta e malus” ( ovvero con la banca Raguzzi si mangia polenta e merluzzo che, allora, era uno dei piatti più poveri). Erano appena iniziati gli “ anni 20, cosiddetti ruggenti ’’, finita la guerra e scomparsa la Spagnola, in Europa e in America i benestanti riscoprono la gioiosa socialità della vita urbana in questa Belle Epoque, che purtroppo durerà poco e la crisi economica appena accennata sarà, a breve , preludio ad un nuovo conflitto mondiale, a cui seguirà una nuova rinascita, quello che da noi caratterizzò il miracolo economico. Un chiaro esempio che la storia si ripete, seguendo il concetto di ciclo di chiara impronta naturalistica, come il ripetersi delle stagioni.
Anche per la gelateria Gatti si stava compiendo un ciclo : l’attività, dopo un lungo periodo viene ceduta e guarda caso arriva un altro Giuseppe, con lo stesso nome del fondatore.
E’ Giuseppe Rinaldi, per tutti Beppe, con una storia simile a quella di Pèin dal Gatu: diploma in tasca della scuola alberghiera, seguendo l’istinto migratorio tipico di queste zone, sale su una nave da crociera e nel corso di otto anni perfeziona le sue capacità lavorative, diventando successivamente, terminata questa esperienza, responsabile del servizio di ristorazione a Linate. Con questo “ bagaglio” di esperienza sul campo, nel 1983 inizia la sua avventura da gelataio.
Beppe persegue subito la via dell’innovazione nella tradizione, puntando soprattutto sulla qualità delle materie prime : oltre al classico gelato artigianale, alla crema ,di antica memoria, nascono nuove sfumature di gusti utilizzando frutta fresca di stagione, requisito fondamentale per ottenere un gelato che non si può descrivere ma che invece bisogna venire qui per gustarlo, in un ambiente che le stagioni sono anche rappresentate sulle pareti!
Viene poi spontaneo ricordare che “gelateria” fa rima con “pasticceria”, e di queste “ rime ”, si fa per dire, se ne intende la figlia Valentina, che, diplomata in alta pasticceria alla scuola internazionale di cucina, ALMA, prepara una vasta gamma di semifreddi, che, dalla colazione al dopocena sottolineano spesso un momento speciale, come un lieto evento o una ricorrenza; a seguire, ha avuto l’occasione di collaborare con Gino Fabbri, pasticcere bolognese e membro della prestigiosa “Accademia Maestri Pasticceri ”.
Con un tale “ palmares”, qui il gelato non ha nulla da invidiare a quello prodotto nelle gelaterie più blasonate del nostro territorio, che spesso svolgono la loro attività in locali che custodiscono gli aneddoti storici in cui è nato.
Nel menu “ made by Beppe e Valentina” troviamo i ghiaccioli fatti con frutta fresca, il gelato di castagne, quello con i fichi, senza tralasciare le creme, da considerare il classico “ pezzo di storia dolce”. E ancora, torte-gelato che nella loro realizzazione assomigliano a piccoli capolavori. Una menzione particolare per lo “yogurt gelato”: questa specialità infatti è fornita dalla Centrale del latte di Brescia, ed è adatta anche per i celiaci; inoltre viene proposto in moltissime combinazioni di salse granella, un vero fiore all’occhiello della gelateria artigianale.
Possiamo poi aggiungere che nelle tre tipologie di gelato, alla crema, al latte e alla frutta abbiamo tutti i componenti utili alle nostre esigenze nutrizionali, come sostenuto da diversi centri di ricerca, in particolare dall’Istituto Nazionale della Nutrizione, diretto in passato da Carlo Cannella, che molti hanno conosciuto nelle trasmissioni di SuperQuark e che mi presentò agli studenti di Veterinaria al mio esordio nell’attività didattica.
Chi non ricorda di noi ragazzini che, quando per alcuni si rendeva necessaria la rimozione delle tonsille, si sottoponeva all’intervento senza troppi problemi al solo pensiero che per alcuni giorni ci aspettava una dieta a base di gelato davvero indispensabile per facilitare una rapida guarigione.
Tanto per restare in argomento, si racconta, che un vecchio professore universitario doveva decidere se sottoporsi o meno a un intervento. Interrogato su quali fossero per lui le cose più importanti, rispose:” Finché posso mangiare gelati e guardare il baseball in televisione, per me vale la pena vivere”. (Aneddoto tratto da “Essere mortale” di Atul Gawande )
Alcuni anni fa, ormai vicino al pensionamento, durante una delle mie fugaci visite al Borgo, nel periodo estivo, ho avuto l’occasione di conoscere Beppe: entrando nella gelateria, che è anche bar, ho ritrovato vecchi amici, alcuni di questi immigrati in Inghilterra o negli Stati Uniti: è il momento dei ricordi, degli aneddoti, soprattutto per riprendere a parlare quel dialetto locale che rinsalda il senso di appartenenza.
Beppe, che ha intuito la particolare atmosfera che si è creata, è già pronto a riempire i calici per un un “brindisi dei ricordi”.Sul bancone sono pronti gli stuzzichini locali, vale a dire la torta di erbe, di patate, la focaccia appena sfornata ,accompagnata da salame e formaggio scelti da Beppe e ogni tanto può succedere di trovare anche un assaggio di lumache alla “ mantovana”, proprio come capitò anche in passato nel mese di agosto, questa volta ritrovando tra i presenti, l’amico Tonino, di rientro da Londra, ormai in pensione da diversi anni. Pensate, che dopo essere stato nominato capo restauratore dalla regina Elisabetta, cioè responsabile dell’ingente patrimonio dei mobili di Buckingham Palace, ne è pure diventato il cerimoniere, che in coppia con un altro seguiva la Regina , quando annualmente si apprestava ad aprire il Parlamento. Per dovere di cronaca, agli inizi del mese di giugno, come ex-dipendente dea casa Reale, ha preso parte ai festeggiamenti indetti per il Giubileo di Platino di Sua Maestà la Regina d’Inghilterra. Proprio così, da una Elisabetta Farnese ad una Elisabetta di Windsor, ma con tanta storia di mezzo… Al termine di questa rimpatriata, verso l’ora di pranzo, il bar-gelateria comincia a svuotarsi mentre Beppe, aprendo il tipico pozzetto, mi offre un cono con la classica crema: accade in un attimo, assaporando quel gelato, il passato diventa presente e mi ritrovo bambino a quell’incrocio tra via Cassio e via Battisti, dove la Maria “ dal Gatu” sostava col triciclo a mano: nei primi anni ’50 quel dolce freddo rappresentava un momento davvero emozionante delle nostre estati, trascorse giocando per le vie di un paese che mostrava ancora evidenti, in alcuni edifici, i segni dell’ultimo conflitto bellico……il ricordo arriva così inaspettato portandosi dietro la nostalgia di un mondo che continuamente cambia!
L’anno prossimo, questo “ Bar Gelateria da Beppe “, compirà quarant’anni di attività, e dal momento che con Beppe non bisogna mai stare tranquilli, credo che avrà già in serbo delle sorprese-gelato per festeggiare questo evento, magari approfittando del 24 marzo, la Giornata Europea del Gelato Artigianale
Scusate, mi stavo dimenticando di accennare al gelato alla bava di lumaca, che qualcuno sta proponendo…mi raccomando, non fatelo sapere a Beppe!
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