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Lo strano caso delle Prugne e delle Susine

di Enzo Gambin

Lo strano caso delle Prugne e delle Susine

Diciamo subito che non siamo come nel racconto “Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde”, del 1886 di Stevenson, il diverso è solo il nome, prugna e susina provengono dalla stessa pianta, pur tuttavia, nell’uso comune, la prugna identifica il frutto consumato secco, mentre la susina quello fresco.

L’origine della parola “prugna” è incerta, forse è di origine Siriaca, una lingua semitica del Vicino Oriente, molto utilizzata dal II secolo e l’VIII secolo.

Alcuni Autori, però, propendono a far derivare il termine “prugna” a un’antica radice indo-europea, “prus”, che aveva il significato di “bruciato”, forse per il colore rosso cupo del frutto della prugna, che poteva avere una somiglianza al “tizzone di legna”.

Con probabilità da qui è sorta la parola greca “Πυρς – òs”, “pyrs – òs”, con il significato di “colore del fuoco”, da cui si originò “προῦμνον”, “proùnon”, che indicava il frutto del prugno selvatico.

La successiva latinizzazione “prono” portò a “prunus” prima e all’italiano poi come “prugna”.

Si è incerti anche per il nome di “susina”, che potrebbe derivare dal latino “sūcĭnus”, con il significato di “resinoso”, può darsi dovuto alla polvere ambrata e cerosa che ricopre la polpa, che è indicata in latino come “pruīna” e in italiano come “pruina”, quasi un accostamento a prugna.

Alcuni Autori, però, farebbero deriverebbero il nome di “susina” dalla città di “Susa”, l’odierna “Shush”, che fu la capitale del regno Elamita, sviluppatasi dal III al I millennio a.C. nell’area ora rispondente all’Iran.

L’antico nome di “Susa” era “Šu-šinki”, lì sorgevano bellissimi giardini ed è pensabile che vi fossero coltivati anche dei piccoli alberi, dai rametti pelosi e vellutati, con fiori bianchi e frutti tondi, di un bel rosso porporino, dal sapore acidulo, chiamati Šušinki, “Susine”.

Prugne e susini si diffusero nella maggior parte della regione mediterranea, giunsero anche nell’Europa centrale e proseguirono sino alla Danimarca e alla Scandinavia.

I Celti, l’antica popolazione che, prima dell’arrivo del dominio di Roma, dominò gran parte dell’Europa centro-settentrionale, ritenevano che l’albero del susino fosse consacrato alle fate dei boschi e delle acque.

Chi deturpava un susino incorreva nella vendetta delle fate e la punizione poteva presentarsi come un invito a ballare con loro, in questo caso, il punito perdeva la nozione del tempo e quando tornava a casa e non trovava più la sua abitazione, essendo trascorso molto tempo.

Nell’antica Roma, s’interessarono alle prugne agronomi e poeti, come il vecchio Catone, 234 a.C. - 149 a.C., che ne descrisse una varietà; poi Ovidio, 43 a.C. –18 d.C., che divise i frutti secondo i colori, blu scuro e giallo; Columella, 4 – 70, ne riportò tre specie, mentre Virgilio, 70-19, ritornò, come Ovidio, a ripartire i frutti secondo le colorazioni.

Plinio il Vecchio, 23 –79, nella sua “Naturalis historia”, al libro quindicesimo, raccontava che in Italia vi era “ … un’enorme quantità di prugne di diversi colori, da nere a bianche, dette di orzo perché simili a questo cereale, perciò piccole, altre tardive sono dello stesso colore ma grandi, sono chiamate asinine perché costano poco. Ci sonno le nere e le cenerine, più pregevoli, poi le purpure e le armene, provenienti dal paese straniero, sono uniche e consigliate per il profumo. …… tra le piante straniere sono da citare le damascene, denominate da Damasco della Siria, che nascono oramai da tempo in Italia. …. Insieme possono essere citate le myxena, le stesse che ora cominciano a nascere a Roma e innestate su sorbi”.

Petronio, scrittore e politico romano del I secolo dopo Cristo, nella sua opera, “Satyricon”, tra le golosità del banchetto di “Trimalcione” poneva le prugne: “ …. Nel frattempo ci viene servito un antipasto mica male: …. c’erano delle salsicce che friggevano sopra una graticola d’argento e, sotto la graticola, prugne di Siria con chicchi di melagrana.”

In Europa la coltivazione delle prugne non conobbe soste, era presente nei giardini di Francesco I re di Francia, 1494 –1547, dove fu piantato anche un albero di pruno dono di Solimano I, detto il Magnifico, che produceva prugne verdi. A questa nuova varietà fu dato il nome di “Regina Claude”, in onore di Claude de France, 1499-1524, moglie di Francesco.

Nell’Europa di fine 1700 si coltivavano molte varietà di prugne e, nella seconda metà del 1800, giunsero anche le susine Cino-Giapponese, appartenenti alla specie “Prunus salicina”, affini alle “prugne” europee, “Prunus domestica”, erano meno rustiche e con fioriture più anticipate.

Nello stesso periodo in California, in piena Febbre dell’Oro, arrivarono migliaia di immigrati, tra questi c’era Louis Pellier, un vivaista francese, proveniente dalla Francia sudoccidentale, famosa per le prugne secche.

Nel 1850 Pellier innestò una varietà selezionata di prugne francesi con i pruni selvatici, che crescevano nella zona di Mission San José e, dopo qualche anno, gli alberi cominciarono a dare i loro frutti: erano nate le prugne della California. Dalle prugne si ricava anche il liquore tradizionale della Serbia, lo “Slivoviz”, “Acqua di prugne”, ottenuta dalla varietà Pozega. Lo Slivovitz è riconosciuto come “patrimonio culturale immateriale” da parte dell’UNESCO. Anche il Veneto ha il suo liquore di prugna, nato durante dominazione austroungarica, 1815 - 1859, quando ai Veneti fu proibito di produrre lo Slivovitz. Soprattutto Padovani e Vicentini s’ingegnarono a creare un nuovo liquore, posero le prugne in infusione per circa sei mesi, sino a che non cominciarono a sfaldarsi, poi distillarono l’infuso, lo miscelarono con lo zucchero, aggiunsero del caramello e alcool e nacque un elisir, la Prugna.

La prugna ha saputo e continua ad ispirare scrittori e poeti, che vedono in questo frutto tante rappresentazioni dei sentimenti, come nel poeta Diego Valeri, 1887 – 1976,

Dove vai, stagione d’amore,

luce alta e profumo di prugna,

felicità che mi vuoti il cuore?

Giovanni Guareschi, 1908 – 1968, utilizzò un albero di prugna nel racconto “La ragazza aspetta”: ”…. Io avevo quattordici anni e tornavo a casa in bicicletta per la strada del Fabbricone. Un albero di prugne lasciava uscire un ramo da un muretto e, una volta, mi fermai. Una ragazza uscì dai campi con un cesto in mano e io la chiamai. Doveva avere un diciannove anni … depose il cesto ed io mi issai sulle sue spalle. Il ramo era stracarico e io mi riempii la camicia di prugne gialle. «Allarga il grembiule che facciamo a mezzo» dissi alla ragazza. La ragazza rispose che non occorreva. «Non ti piacciono le prugne?» domandai. «Sì, ma io le posso staccare quando voglio» spiegò. «La pianta è mia: io abito lì.». …”

Nella nostalgia di un amore il poeta Bertolt Brecht, 1898 –1956, sostuisce alle prugne un giove susino:

“Ricordo di Marie A.”

Un giorno di settembre, il mese azzurro,

tranquillo sotto un giovane susino

io tenni l’amor mio pallido e quieto

tra le mie braccia come un dolce sogno.

…..

E da quel giorno molte molte lune

trascorsero nuotando per il cielo.

Forse i susini ormai sono abbattuti:

……

Forse i susini fioriscono ancora

…..

ma quella nuvola fiorì solo un istante

e quando riguardai sparì nel vento.

La “Prugna” è nelle poesie per bambini di Anthony Robert Mitton, 1951 – 2022,

“Prugna”

Via quell’aria

imbronciata.

Non sentirti maltrattata.

Tu sei nata

per essere mangiata.

Ma non lo sai

che intimamente,

sotto la polpa succosa

e la buccia lucente,

tu hai la chiave

di un grande mistero,

puoi dare la vita

ad un albero intero.

In questi ultimi anni le prugne hanno popolato racconti e opera cinematografiche. Iniziamo con “La ballata delle prugne secche”, un libro del 2006 di Valeria Di Napoli, sempre dello stesso anno abbiamo “Le prugne di Christa” della scrittrice Manuela Poggi. Nel 2009 uscì “l paese delle prugne verdi”, un’opera narrativa di Herta Müller, 1953, Premio Nobel per la letteratura 2009.

“La stagione delle prugne” del 2018 è di Patrice Nganang, 1970, scrittore, poeta e insegnante americano di origine camerunese. Per le produzioni cinematografiche nel 1999 uscì il film “La grande prugna”, diretto da Claudio Malaponti, nel 2011 “Pollo alle prugne”, del 2011, con la regia di Vincent Paronnaud. Una bella storia di prugne è quella di “Suska”, una prugna secca e affumicata, che deriva dalla parola polacca “suszenie”, che significa “essiccazione”. La leggenda narra che un sacerdote di Sechna, nella Polonia meridionale, introdusse tanti secoli fa l’affumicatura delle prugne è incoraggiò i suoi fedeli a diffondere la pratica. Nella zona di Sechna sono ora presenti 677 forni e Suska ha ottenuto dalla Comunità Europea l’Indicazione geografica Protetta.

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