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Il poema sinfonico della campagna
di Claudio Favaretto
Qualche lustro fa, quando il mio primo figlio maschio, Andrea, stentava ad addormentarsi, non gli raccontavo le favole, ma gli parlavo dei miei fanciulleschi ricordi agresti e delle esperienze avventurose vissute nella vasta campagna di mio nonno Fiorino. Così gli descrivevo la mia fierezza timorosa nel guidare i buoi, l’estasi di salire sul dorso della cavalla, la scoperta di un nido di averla tra i rami di un gelso, il fuggifuggi delle cavie nella stalla, il miracolo della schiusa delle uova e la nascita dei pulcini, il brusio provocato dalle migliaia di bocche dei bachi che mangiavano le foglie del gelso. E tanto altro ancora.
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