Manzoni Bianco: un vino da scoprire
di di T.V.
Il prof. Luigi Manzoni, preside negli anni ’30 del secolo scorso della Scuola Enologica di Conegliano, probabilmente non si aspettava di lasciare un patrimonio enologico tanto prezioso, apprezzato e duraturo come il vitigno che da lui ha preso il nome di “Manzoni Bianco”.
Che ottenne da una serie di esperimenti sul miglioramento genetico della vite mediante incroci ed ibridazioni, come si usava all’epoca (vedi il caso svizzero del Müller – Thurgau, a fine ‘800). Luigi Manzoni provò tanti incroci, utilizzando sia vitigni a bacca bianca sia a bacca rossa, ciascuno dei quali era contrassegnato da una serie di due o tre numeri, a indicare l’appezzamento, il filare e la vite “incrociata”. Alcuni di questi riscossero grande interesse e cominciarono ad essere utilizzati “commercialmente”, come si direbbe ora, per produrre nuovi vini o vini migliorativi dell’esistente.
Ma quello che davvero gli ha dato fama imperitura è l’Incrocio Manzoni 6.0.13, ottenuto incrociando Riesling Renano e Pinot Bianco, oggi denominato semplicemente Manzoni Bianco.
Dalle sue uve si ricava un vino di bella struttura, di buona acidità ma scarsamente avvertibile al palato, dal profumo delicato e intenso ad un tempo, di discreta gradazione, di autorevole temperamento, dal gusto pieno, armonico, corposo, elegante e saporito. Il vitigno ha inoltre notevoli capacità di adattamento a climi e terreni anche molto diversi, con una produzione contenuta che non guasta quando ciò che conta è il valore del prodotto e non la sua quantità.
Volendo essere pignoli, è un bianco che potrebbe essere definito assai vicino alla perfezione dal punto di vista della materia prima, dalla quale ricavare un vino capace di accompagnare tanto le serate oziose davanti alla tv, quanto la gran parte dei prodotti del mare, ma anche, in generale, tantissime altre pietanze, comprese le carni bianche.
Veneto del tutto autoctono, potrebbe essere il migliore esempio di vitigno veneto da viticoltura internazionale, non fosse per il timore di eccedere troppo in innovazione in cui si culla una enologia mondiale che ritiene di avere già a disposizione tutti i capisaldi possibili.
Il suo unico concorrente vero sono i vitigni autoctoni di territorio, che giustamente in questo periodo vanno per la maggiore sulle tavole e sui mercati internazionali, al punto che questo vitigno capace di grandi meraviglie, ormai diffuso in quasi tutte le regioni italiani, nel suo Veneto d’origine è relegato in 381 ettari. Che è davvero poco se pensiamo agli oltre 21 mila ettari di Glera, ai quasi 10 mila di Garganega e così via”.
Eppure chi lo assaggia se ne innamora, e quando può, e lo trova, lo cerca e lo riassaggia con grande piacere, confermandone tutte le belle doti che possiede, compreso un prezzo abbordabile.
Diffuso per decenni tra gli amatori come vino aziendale, ci è voluto del tempo perché venisse considerato nelle Denominazioni d’origine.
La prima DOC a rendergli i meriti che aveva è ha è stata quella dei Colli di Conegliano, voluta dal sistema produttivo negli anni ’90 del secolo scorso per valorizzare i vitigni autoctoni di una straordinaria area produttiva, che rischiavano di essere soffocati dallo strabordare allora strisciante del Prosecco.
L’Incrocio Manzoni divenne così la base del Colli di Conegliano Bianco, oggi doverosamente DOCG, vino di gran classe sicuramente da consigliare, suggerire e regalare, ma soprattutto da bere.Qualche anno dopo il Manzoni Bianco, in purezza, divenne DOC con il proprio nome all’interno della denominazione Vicenza, che solo per questo andrebbe considerata più di quanto oggi non accada. Oggi entra come componente di molte DOC e IGT, non solo venete, mentre è vinificato in purezza come vino a IGT (Marca Trevigiana, Colli Trevigiani, Delle Venezie).
Fin qui la teoria.
In pratica, il suggerimento è di andare nelle aziende che lo producono, assaggiare, scegliere il vino ottenuto da Manzoni Bianco che vi piace di più e tenerne una piccola scorta in casa. Anche perché è un vino che non ha una particolare paura del tempo che passa. State certi che potrete risolvere moltissimi improvvisi problemi di abbinamento enologico, sicuri di fare bella figura. E se dovete meditare, ce ne sono pochi di migliori.
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