Acaya: Golf Resort
di Paolo Pilla
Siamo sul tacco d’Italia, in Salento, nel leccese, una antica, generosa terra. Ad accompagnarci per giungere all’elegante resort rappresentato un tempo da “Double Tree by Hilton Acaya”, oggi c’è Hilton hotel di ottima finitura. C’è la lunghissima teoria di ulivi inserita in quel contesto bucolico di macchia mediterranea, 100 ettari di pregiata vegetazione. L’architettura del resort è riuscita a far accettare la funzionale modernità, in un ambito dai ripetuti richiami alla tipica, preesistente, severa, architettura pugliese. L’albergo è curatissimo, e con ottimo servizio. Un rifugio magico nel cuore del Salento, situato a soli 5 minuti d’auto dalle meravigliose spiagge.
Il Campo mi ha affascinato, seppur che nel giocarlo mi sono trovato qualche sorpresa: in alcune giornata c’è un vento di bora talmente robusto che penalizza il tee shot, allontanando i fairway; il pre-rough è terribile, il rough impossibile: con estrema voracità, fagocita le palline. La varietà di gramigna seminata fa un intreccio tale che anche di poco fuori dal fairway, si fatica a trovare la palla. Costruito su progetto originale di David Mezzacane, è stato aperto al pubblico nel 2000, e poi rivisitato nel 2007, da due grandi architetti: Michael Hurdzan e Dana Fry. Decisamente impegnativo, il percorso è par 71, su una lunghezza di oltre 6.000 metri. Fare score è per i bravi, ma soddisfazione può trovare anche il giocatore medio, che gode di quel Campo in simbiosi con la natura che lo ospita, e che non ha bisogno di eccessive cure.
La varietà del disegno, in perfetta armonia con le caratteristiche naturali del terreno, impone al giocatore l’utilizzo di tutti i bastoni che ha in sacca. E come sempre, un po’ di umiltà premia! L’impatto visivo, poi, è arricchito dai profumi: macchia mediterranea colorata impreziosita dai tanti ulivi, straordinario il silenzio assoluto che permette di godere lo spazio e il gioco.
È interessante il complesso sistema di laghetti e ruscelli che consente di usare le acque conservandole ossigenate attraverso un sistema di dolci piccole cascate, intelligente opera di ingegneria idraulica.
Nove delle diciotto buche sono accompagnate da specchi d’acqua laterali, perfettamente alimentati in modo ingegnoso dal sistema.
All’ambiente straordinario, si accompagna l’eccellente cibo: in Puglia si mangia bene, in particolare nel Salento, perfino nei mercati delle cittadine o alle feste patronali. Il solo pensiero delle cose speciali che ho gustato nei dintorni dell’Acaya, mi fa venire l’acquolina in bocca: PUCCE, (piccoli pani senza mollica), SCAPECE (speciale salsina), FAE NETTE E FOJE (purea di fave secche con verdure selvatiche distese sopra), CICIRI E TRIA (pasta e ceci con pasta fritta.
Una cucina fondamentalmente povera, dai frutti che la terra fornisce da sempre, il cui gusto è sempre speciale.
Le verdure, la carne, il pesce, specie quello azzurro, e i molluschi; cozze decisamente invitanti. E poi le lumache, e le farine povere alternative al grano.
er chi ama i dolci, ecco lo stupore dell’influenza normanna e bizantina ricchi di miele, cannella e mandorle. Impossibile non farsi conquistare! Circondata dal Campo, una masseria antica di secoli immersa nel verde accanto alla Riserva WWF delle Cesine, c’è un piccolo ristorante che propone una cucina caratteristica, ispirata alla tradizione locale.
Un posto incantato, che appaga tutti i sensi: gustosi piatti, tra i profumi di ulivo e ginepro.
Il nome Acaya deriva dal nome della famiglia baronale che la ricevette in feudo da Carlo D’Angiò nel 1294. Il castello, nel suo nucleo più remoto, risale al 1506, fortificato nel 1535 per difesa dai predoni con baluardi, bastioni e fossato.
L’insediamento fu attaccato ed espugnato dai pirati saraceni nel 1714. Passò più volte di mano tra altre famiglie notabili, ora è proprietà dell’Amministrazione Provinciale di Lecce.
Durante l’ultima ristrutturazione del Castello sono affiorate le tracce di una piccola chiesa bizantina al cui interno, nascosto in una intercapedine, è venuto alla luce un affresco di quattro metri per tre, databile alla seconda metà del Trecento, perfettamente conservato.
Acaya è un piccolo centro di 500 abitanti, esempio di città fortificata con strade disposte a maglia ortogonale, tipico dell’Italia Meridionale del XVI secolo. È sede di una mostra permanente sugli scavi archeologici di Roca Vecchia, e di altri eventi. Posta a 5 km dal mare, comprende la Riserva naturale “le Cesine”, oasi naturalistica del WWF, l’antico borgo Segine, di epoca medievale. Il toponimo si rifà al latino “seges” – zona incolta.
Mille anni fa era popolata, oggi è habitat per differenti specie animali e vegetali. Una biodiversità dovuta alla presenza di acqua salmastra, che crea rifugio a numerosi uccelli acquatici. Dista soltanto 8 km da Lecce, la regina del Barocco dai ricami di pietra.
La Lecce barocca, nucleo culturale del Salento, è tra le più belle città d’arte del Meridione.
Stupisce i visitatori, è detta anche “la Firenze del Sud”. Le sue origini antiche, della Messapia (terra tra i due mari), si mescolano con quanto rimane della dominazione romana, ma su tutto si impone l’esuberanza del barocco seicentesco, delle chiese e dei palazzi.
Fu durante il Regno di Napoli che Lecce poté svilupparsi architettonicamente, e arricchirsi di decori nelle facciate
Per l’originalità che la caratterizza, dovuta anche all’uso del caldo marmo locale, la sua architettura trova appunto la definizione di “Barocco leccese”.
È piacevole una camminata per le vie del centro, calpestando i “basoli”. Oltrepassato l’arco di Porta Napoli, e percorrendo la via principale costellata di palazzi nobiliari, si arriva al cospetto di piazza Duomo, che ospita la Cattedrale di S. Maria Assunta con il campanile riccamente decorato in una delle facciate, e il palazzo Vescovile di epoca rinascimentale accresciuto da un luminoso loggiato. Nei vicoli e nelle piazzette, poi, fan bella mostra archi, rosoni, ghirigori di pietra, colonne tortili.
Se invece si accede da Porta Rudiae, ci si può infilare negli antichi bassi delle Giravolte, quartiere multietnico, oggi come un tempo crogiolo di etnie e culture. Una curiosità è la carta pesta leccese, fatta con materiali poveri: Carta, paglia, stracci, colla. Con questa, tra il XVII e XVIII secolo, furono plasmate molte statue di Madonne e di santi molto espressive per le chiese della città, che venivano esibite durante le processioni religiose.
La storia della produzione di cartapesta leccese è ben riportata al Museo della Cartapesta che ha sede nel Castello, nel cuore della città, proprio al confine tra la città vecchia e il centro moderno.
Il castello è una struttura difensiva voluta dall’imperatore Carlo V d’Asburgo, una maestosa fortificazione ricca di storia.
I sotterranei della fortezza cinquecentesca ospitavano le prigioni in cui venivano rinchiusi i nobili, sulle pareti ricoperte di graffiti spiccano infatti tanti stemmi nobiliari.
Seppur rimaneggiata nel corso dei secoli, Lecce conserva l’originale impianto trapezoidale, con i quattro bastioni angolari a punta di lancia.
Il corpo centrale risale al XII secolo; il mastio quadrangolare, la Torre Quadrata, inglobato nella costruzione cinquecentesca, è invece angioino.
Qui, ma un po’ dappertutto, ciò che va maggiormente apprezzato è il rigore architettonico degli esterni, tipico delle strutture difensive cinquecentesche.
Decisamente interessante è anche recarsi alla vicina Roca Vecchia, località costiera posta tra San Foca e Torre dell’Orso, una delle marine di Melendugno; è sede di importanti scavi archeologici, nelle cui grotte si possono vedere iscrizioni messapiche.
Tante sono le cose belle che la terra di Puglia offre; questo angolo che fa capo al Golf Acaya, merita di essere maggiormente conosciuto.
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