Il millenario frutto del Pistacchio
di Enzo Gambin
Si schiude un tesoro nascosto,
dentro un guscio screziato,
verde smeraldo,
sapore di bacio
è il pistacchio.
Il pistacchio, con il suo inconfondibile colore verde smeraldo e il sapore unico, è una delle più antiche specie di frutta secca nella storia dell’umanità.
Nel X secolo a.C., durante il regno degli Assiri, i pistacchi erano considerati un privilegio riservato solo alla regina Saba e ad altri pochi eletti. Il regno di Saba, associato all’area che oggi comprende Etiopia e Yemen, era noto per la sua ricchezza, derivante principalmente dal commercio lungo le rotte carovaniere di oro, beni preziosi, spezie e, naturalmente, di pistacchi,
Nella Bibbia, si narra che nel 1802 a.C., il profeta Giacobbe offrì pistacchi, insieme a mirra, miele e mandorle, al faraone Amenemhat III: “Allora Israele, loro padre, disse loro: «Se così è, fate questo: prendete nei vostri sacchi le cose più squisite di questo paese e portate a quell’uomo un dono: un po’ di balsamo, un po’ di miele, degli aromi e della mirra, dei pistacchi e delle mandorle.” (Genesi 43,11).
Basandoci su metodi tradizionali, possiamo pensare che la tostatura dei pistacchi avvenisse su fuoco aperto o su pietra calda, processo che li avrebbe resi fragranti e croccanti.
Ateneo di Naucrati, scrittore e sofista greco del II secolo d. C., è noto per la sua opera “I Deipnosofisti” o “I dotti a banchetto” menziona i pistacchi nel libro XII, in relazione a un sontuoso banchetto che si svolge per più giorni.
Ventinove esperti di varie discipline partecipano a questo convivio, tra cui giuristi, poeti, filosofi, oratori e medici e i pistacchi, probabilmente, facevano parte delle prelibatezze servite ai commensali.
Ateneo descriveva la coltivazione di questi frutti in Siria, Persia e in India, indicandoli con vari nomi che includevano “Βιστάχιον, “Bistachion”, termine che sembra derivare dal persiano “Bistax”, con il significato di “noci reali”, in quanto considerato un frutto di grande valore e regalità.
Abbiamo poi i termini “Πιστάκια” “Pistakia”e “Πιστάκιον”, “Pistakion”, le cui radice potrebbe essere collegata al verbo greco “πίστημι”, “pistemi”, che significa “schiacciare” o “frantumare”.
Quando Lucio Vitellio, governatore della Siria tra il 10 a.C. e il 51 d.C., introdusse il pistacchio a Roma durante l’impero di Tiberio (tra il 20 e il 30 d.C.), si diffuse anche il nome di “regia nuc”, che significa “noci reali”. Tuttavia, questo termine probabilmente si riferiva anche a una più ampia serie di frutti a guscio. Tuttavia, questo nome sottolineava la prelibatezza e l’importanza del pistacchio, comunemente, però, i romani avevano latinizzato il termine greco in “pistacium”.
Plinio il Vecchio, 23-79 d.C., uno dei più prolifici autori dell’antica Roma, nella sua opera “Naturalis Historia” menziona il pistacchio d discute sui suoi benefici e anche i rischi del suo consumo se non venivano ben tostati: “ .. Molti sono i motivi per non mangiare .. gonfiore di stomaco e mal di testa .... Invece, tostate liberano dal catarro, tritate e assunte bevendo acqua addolcita curano la tosse cronica …. si usano come i pinoli e sono efficaci contro il morso di serpenti. ….” (23, 150).
Plinio osservava che questi frutti erano così apprezzati per il loro sapore delicato e versatilità in cucina, erano pure efficaci contro il morso di serpenti, affermazione che fa riflettere sulle conoscenze e le credenze mediche dell’epoca, dove si pensava che alcuni alimenti potessero avere effetti curativi o protettivi.
L’antica Roma, un crogiolo di culture e innovazioni culinarie, ci ha lasciato una vasta eredità di sapori e tradizioni gastronomiche, tra queste, la mortadella, uno degli insaccati più apprezzati e conosciuti.
Sia Plinio il Vecchio e sia Marco Terenzio Varrone, 116-27 a.C., altro illustre autore dell’antica Roma, hanno documentato l’esistenza di questo insaccato aromatizzato con bacche di mirto, da cui prende il nome di “farcimen myrtatum” o “murtatum”.
La storia della mortadella, però, subisce una svolta significativa con l’introduzione del pistacchio.
I romani, sempre alla ricerca di nuovi ingredienti esotici, iniziarono a sperimentare l’uso del pistacchio in varie preparazioni culinarie e, ben presto, trovò il suo posto anche nella produzione della mortadella, inizialmente mescolato alle bacche di mirto per creare una combinazione di sapori.
La mescolanza di questi due componenti si rivelò un successo ma, con il tempo, i pistacchi divennero l’ingrediente dominante. Questo cambiamento fu probabilmente dovuto a diverse ragioni, i pistacchi, con il loro sapore dolce e leggermente salato, aggiungevano una dimensione più complessa e raffinata alla mortadella rispetto alle bacche di mirto.
Inoltre, il pistacchio contribuiva in maniera più efficiente alla conservazione dell’insaccato, grazie alle sue proprietà antiossidanti.
Con il tempo, il mirto fu completamente sostituito pistacchi, lasciando però l’impronta ancora durevole di mortadella da “myrtatum”. L’influenza araba ha avuto un ruolo significativo nell’introduzione e nello sviluppo della coltivazione del pistacchio in Sicilia.
Giunti nell’827, gli Arabi introdussero e ampliarono la sua coltivazione nelle province di Agrigento e Caltanissetta, sfruttando il clima favorevole e la fertilità del terreno adatto.
Furono importati anche nuovi termini come “فستق”“fustuq” e il pistacchio si trovò ad essere come “frastuca” per il frutto, “frastucara” per la pianta e “frastucata” per il dolce che si otteneva e continua a essere apprezzato nella tradizione culinaria siciliana. Oggi, il pistacchio riveste un ruolo importante nell’economia agroalimentare, nella cucina e nella cultura siciliana, tanto da ottenere il riconoscimento della Comunità Europea con la denominazione d’origine “Pistacchio Verde di Bronte” nella provincia di Catania, è prodotto in diverse forme: intero, sgusciato, pelato, semilavorato, in granella naturale, tostata o pralinata e in farina.
Al pistacchio deve un po’ della sua fortuna anche a Francesco Procopio dei Coltelli, 1651–1727, noto anche come Le Procope, emigrò a Parigi e, nel 1686, aprì il celebre Café Procope.
Questo locale divenne un punto di incontro culturale e gastronomico frequentato da personalità come Voltaire, Diderot e Balzac, dove si servivano, granite, chiamate “acque gelate”, e gelati di frutta e sorbetti alla frutta, con l’inclusione del pistacchio.
Grazie a queste delizie, ottenne la cittadinanza francese e una patente reale concessa da Luigi XIV, che lo nominava produttore esclusivo di questi dolci.
La storia del pistacchio s’intreccia anche con quella di Giovanni Antonio Colonna di Cesarò, nobile e politico italiano, che, tra il 1922 e il 1924, ha ricoperto la carica di ministro delle poste e dei telegrafi nel Governo Mussolini. Il quale contribuì a espandere le piantagioni di pistacchio nei suoi territori di Raffadali e nei comuni limitrofi di Contrada Cinti.
Da queste piantagioni, venivano prodotti dolci che allietavano le serate della nobiltà palermitana. L’amministrazione comunale di San Biagio Platani (Agrigento) 18/07/2018 ha voluto omaggiare il pistacchio con questi versi:
Onore al Pistacchio
ll pistacchio una pianta favolosa,
col suo bel frutto e la lacrima collosa.
Una pianta bella e carina
di tutte le altre è la Regina.
In piena estate fa primavera
il verde delle foglie e i due colori del frutto:
la nostra bandiera.
Un favoloso frutto
che del dolce arricchisce tutto.
Dotate di questo frutto il terreno con passione
la migliore redditizia piantagione.
Da noi iniziano a metà dell’ottocento,
da quella data in continuo aumento.
Oggi la gioventù agricola Sambiagese,
punta su questa coltura non badando a spese
Usato dalle migliori dolcerie il pistacchio Siciliano,
che è di lunga superiorità a quello Iraniano
Da noi di queste piantagioni ne sono aumentate tante
che vanno a compensare il terreno scadente
Oggi il giovane imprenditore,
li pianta con anima e cuore
riempiendo tutta la valle del suo sapore.
La grande fama del pistacchio Siciliano,
ormai arriva molto lontano.
E’ un grande frutto prelibato
famoso per il dolce e il gelato.
ll gustoso panettone con questo frutto
a grande richiesta del Popolo tutto.
Cari gustaioli per bene stare,
questo insuperabile frutto dovete gustare.
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