Olio nuovo: se il Veneto piange il resto d’Italia non ride
di P.P.
Nonostante l’andamento della campagna commerciale della produzione 2018/2019 si confermi, dall’analisi dei dati Istat relativamente alle vendite nella grande distribuzione, confermi un trend, specie per i prodotto veneto, decisamente positivo nonostante le iniziali, scontate, flessioni d’inizio anno.
Il quadro che si prospetta, a oggi, per i risultati dell’annata 2019/2020 sono tutt’altro che entusiasmanti. Anzi offrono un quadro che è l’esatto contrario di quello dell’annata passata dove l’abbondanza dei raccolti ha creato non pochi problemi specie per il prodotto certificato Dop (sia Garda che Veneto).
Vuoi un andamento climatico fortemente anomalo che, nonostante l’accuratezza delle previsioni, ha condizionato non poco la fase vegetativa e la successiva impollinazione di tutti, o quasi, i circa 2.200.000 olivi che rappresentano l’intero patrimonio olivicolo regionale (Veneto) dislocato su una superficie di quasi 8.000 ettari.
Precipitazioni rarefatte all’inizio, caduta improvvisa delle temperature minime nel periodo più delicato per la fase vegetativa più fragile per l’olivo, forti venti che hanno disturbato il delicato periodo dell’impollinazione, hanno dato origine, insieme al manifestarsi di patologie vegetali (fungine e non) anomale e non, tecnicamente, prevedibili, ad una vera e propria “mutilazione” della fruttificazione nelle piante dei singoli areali olivicoli.
Se a ciò si aggiungono i danni generati dagli attacchi della Mosca dell’Olivo, infestazioni diffuse dall’andamento delle temperature (massime e minime) che, invece di limitare gli attacchi dell’insetto, ne hanno agevolato l’attività e i conseguenti danni su molta parte delle olive in fase di maturazione.
Il ripresentarsi poi di una cascola diversa da quella affrontata due campagne fa, in alcune aree, degli olivi ha contribuito a formare un quadro “deprimente” di quelli che potranno essere i risultati della campagna in corso, soprattutto per molte delle aziende che con il proprio prodotto hanno conquistato, grazie ad un rapporto qualità prezzo ottimale, spazi prestigiosi su molti mercati esteri in Europa e fuori.
«Nonostante il costante monitoraggio settimanale che, sin dall’inizio di ogni annata produttiva, i tecnici della nostra Associazione effettua grazie alla rete di oltre 250 aree-test e alle 8 stazioni meteo che ci consentono di effettuare controlli campione, i cui risultati sono diffusi ogni 7 giorni a tutti i nostri soci (oltre 6000) attraverso il nostro periodico, sulle situazioni in atto, e tendenziali, nei principali areali olivicoli veneti – sottolinea il presidente dell’Associazione Interregionale Produttori Olivicoli-AIPO, Albino Pezzini – non siamo riusciti a frenare, in toto, gli effetti delle irregolarità climatiche che si sono succedute nella fase più delicata dello sviluppo vegetativo e del succedersi delle fitopatologie dell’olivo. Condizionamenti che, sulla base delle esperienze maturate e di molti dei risultati ottenuti dalle nostre attività di ricerca portate avanti in collaborazione del i maggiori istituti universitari italiani, siamo riusciti a contenere grazie alle tempestive indicazioni fornite alle aziende consentendo loro di limitare i danni derivanti dal manifestarsi di nuove, o tradizionali, fitopatologie oltre che quelli derivanti, per quanto possibile, dall’irregolarità dell’andamento del clima».
Azioni che hanno consentito agli imprenditori olivicoli del Veneto di contenere, entro limiti meno preoccupanti, i risultati prevedibili a oggi, l’attività dei frantoi inizierà, infatti, il 20 ottobre p.v., consente di formulare che il raccolto di olive si attesterà intorno ai 50/60 mila quintale che, con una resa prevedibile oscillate tra il 12/14%, potrà significare pari a una produzione olearia oscillante fra i 6000/7000 quintali.
Un dato ben lontano, nonostante il livello qualitativo del prodotto sia decisamente di elevato profilo, da quello mediamente registrato negli ultimi cinque anni: oltre 170 mila quintali il raccolto in olive e oltre 22 mila i quintali di produzione d’olio: in sostanza, una contrazione di circa il 70% (auspicabile) nella produzione olearia regionale.
«Un risultato che nonostante tutto – prosegue il direttore dell’Aipo, Enzo Gambin – non è riuscito ad intaccare la qualità con cui il nostro olio ha saputo affermarsi su alcuni delle più ambite aree commerciali e dei più sofisticati consumatori internazionali, scavalcando molte delle graduatorie che vedevano il prodotto di aziende italiane, non venete, attestate nelle prime posizioni. Una escalation a cui, il Veneto, ha fornito un importante contributo se, come recita l’indagine Istat, l’incremento delle vendite di olio, attraverso la rete della distribuzione organizzata, registri, per il 2019, un aumento del 2,6% in valore e del 2,8% in volume, su base annua. Risultati, inoltre, che rendono giustizia all’intensa attività di didattica tecnica e agronomica, supportata da una qualificato impegno sul fronte dell’analisi delle olive e di quelle (sia chimiche che sensoriali) degli oli che l’Aipo effettua annualmente (le richieste sono, in media, oltre 8000 ogni anno) sia su campioni regionali che su prodotti provenienti da ogni parte d’Italia.
Un impegno che ha imposto alla nostra attività associativa di procedere ad un costante aggiornamento della strumentazione tecnica a disposizione e di attivare un programma di attività didattico-educative indirizzate all’universo dei consumatori (in particolare, esteri) che alle aziende (non solo venete) che hanno contribuito alla crescita della loro cultura imprenditoriale e, al contemporaneo sviluppo, dell’impegnativo sviluppo delle attività di ricerca e sviluppo che sta caratterizzando l’intera olivicoltura del Nord Italia. (PP)
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