Storia e vita della Recantina
di V.V.
La Recantina, varietà autoctona a rischio di estinzione, è un vitigno coltivato da quasi quattro secoli nel Trevigiano, praticamente scomparso all’inizio del Novecento e oggi recuperato grazie a un lungo lavoro di ricerca.
Più di recente, notizie di questo vitigno venivano riportate da diversi ampelografi, ma nell’epoca postfilosserica se ne sono perse progressivamente le tracce e ne sopravvivono oggi pochi filari, soprattutto nella zona del Montello, tanto che a volte viene confusa col Raboso. Esistono comunque, da quanto è dato sapere, almeno due varietà di questo vitigno: la Recantina a pecolo (peduncolo) scuro e la Recantina a pecolo rosso.
La Recantina è un vitigno coltivato da tempo remoto nella provincia di Treviso, citata più volte da l’Agostinetti già alla fine del Seicento tra le migliori varietà del trevigiano perché “queste benedette uve recandine per il gran utile che rendono poiché fanno molta quantità d’uva fa vino buono e bello” e perché “li nostri vini reccardini non hanno bisogno di concia” e si conservano senza problemi.
In un’indagine pubblicata da Vianello e Carpenè nel 1874, la Recantina risulta tra le uve rosse più coltivate in tre comuni di Treviso, due di Asolo e due di
Castelfranco per un totale di 28.815 ettolitri di vino.
Poi, nel 1900 nessun ampelografo o ricerca viticola parla più di questa varietà, come fosse misteriosamente scomparsa. Ma la Recantina sopravviveva nella memoria dei viticoltori e anche in alcuni vecchi filari e vigneti della zona del Montello e dei Colli Asolani. Così è nato il progetto di difesa e recupero.
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