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Nataly Maier: spazi astratti

di Lucia Bisi

Gli studi filosofici al Leibniz - Kolleg di Tübingen, in un primo tempo, e quindi la formazione da fotografa spiegano i cammini differenti dell’artista, che osserva e aggiorna quanto antecedentemente acquisito, senza abbandonare un linguaggio ormai conseguito, bensì riconsiderandolo. Cammini differenti segnati dalla storia personale di Nataly, dalla sua sensibilità, i suoi viaggi, le sue amicizie, e gli incontri con gli artisti nella Milano degli anni Ottanta.

E’ dunque a partire dagli ultimi anni Ottanta che l’artista si dedica con continuità al superamento bidimensionale della fotografia, applicando su supporti tridimensionali sequenze di immagini, cui riattribuisce un valore plastico.

Da cui nasce la fotoscultura.

La dimensione dello scatto fotografico non è un punto di arrivo, ma la stampa fotografica diventa un elemento scultoreo, un punto di partenza teso a superare la raffigurazione riprodotta del reale.

L’artista divide in due parti lo spazio del quadro: la foto in bianco e nero, separata dal suo colore, è circoscritta nella parte superiore, mentre il colore, trasferito nella porzione inferiore della tela, risalta come monocromo.

Un colore ideale immagazzinato nell’amigdala: la nostra memoria emotiva.

Pertanto è il colore il filo conduttore che la porta alla pittura pura. Nataly ne tiene in altissima considerazione la qualità. Utilizza la tempera all’uovo, che elegge a suo linguaggio espressivo. Sperimentando tecniche antichissime quale appunto la tempera all’uovo con pigmenti.

Attratta dalla pittura degli artisti del Rinascimento, Nataly visita nel corso degli anni i musei europei. Studia le tavolozze raffinate dei maestri, avvicinandosi a quella sapienza del colore proveniente dalla tradizione riassunto nel cerchio di Goethe, che è la base della scienza pittorica europea.

Questo è un dato fondamentale per un’artista che si tiene a distanza dall’invasivo lessico cromatico dell’informatica.Il computer non conosce il cerchio di Goethe, composto di tinte opposte e complementari. Il mezzo di calcolo automatico genera i cromatismi della stampa.

Un mondo altro, lontanissimo dall’universo della pittura.

A partire dal 2002, l’operare di Nataly è del tutto ‘sconfinato’ verso la pittura. Intitola una serie di lavori “Sconfinitudini”: un titolo che annuncia la sensazione che il colore si espanda dilagando oltre la tela .

I recenti Dedali (dal 2018), qui riprodotti, sono una sorta di metafora filosofica: minuscoli dischi di tinte intense, linee diagonali che si incontrano in un punto solo e poi proseguono allontanandosi una dall’altra, rettangoli con molti centri, rette e rettangoli inscritti in altri rettangoli contro le campiture chiare e semplici del fondo.

I cerchi, i rettangoli e i loro rapporti, come pure le linee curve regolatrici, caratterizzano l’insieme di queste composizioni, combinandosi, definendo e dimensionando lo spazio astratto, o conferendogli un tocco magico.

Nataly li lascia volteggiare in campi di mezze tinte, entro tracciati di geometrie spontaneamente ‘costruttive’.

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