Salta al contenuto principale
loading

La magia del prezzemolo

di Enzo Gambin

Il termine prezzémolo trae origine da “πετροσέλινον”, petroselinon, a sua volta composto da due vocaboli, “πέτρα”, petra, “pietra”, e “σέλινον”, sélinon, “sèdano”, con il significato di “sèdano che nasce fra le pietre”.

Questo nome che passò al latino come “petroselīnum” e giunse a noi come “prézzomolo”.

Il sapore, pungente e lievemente amaro, ha portato il prezzemolo ad essere componente in tantissime ricette, usato un po’ ovunque, tanto che è nata la piacevole frase di “essere come il prezzemolo”.

Non pensiamo che questa prerogativa di andare dappertutto sia, per il prezzémolo, limitata alla sola cucina, al contrario, è ben presente anche nella novellistica italiana e, prima ancora, nella mitologia greca.

La figura che avvicina il prezzemolo alla novellistica è “Prezzemolina”, che ha dato luogo a lunghe serie di fiabe, che vedono coinvolti una madre in attesa di una bambina che ruba di nascosto del prezzemolo nell’orto delle fate, entità maligne, le quali per punire la madre esigeranno di dare loro il nome alla bambina, che sarà “Prezzemolina”.

Da considerare che “dare un nome”, nella cultura greca, come pure in quella biblica, ha il significato di dominare su quanto è creato.

Le fate tenteranno così di diventare padrone della stessa vita di “Prezzemolina” che, alla fine, come nelle migliori soluzioni, si svincola dalle negative forze femminili, che volevano relegarla nell’ombra e nella terra dei morti, desiderose di appropriarsi della sua vita umana, a loro preclusa.

Nella favola “Prezzemolina” non è per niente uno spirito sacrificale, non cede e resiste all’emotività, sostituendola con l’arguzia e la virtù sino a far superare il bene al male.

Con la mediazione di “Prezzemolina”, il prezzemolo incarna la vita come forza attiva propria, che dà e prende, e non ha compromessi con l’esistenza degli umani, i quali devono essere vigili e non lasciarsi cogliere impreparati, perché non sarà possibile tornare indietro nel tempo e recuperare agli errori commessi.

Il prezzemolo è rappresentativo di una pianta dalle proprietà magiche, che può anche attuare un ribaltamento di malevolenze in benevolenze, è la “Prezzemolina” che si libera dal mondo sepolcrale e oscuro degli incantesimi per ritornare alla luce.

Gimbattista Basile,1566 - 1632, letterato barocco fu tra i primi scrittori a utilizzare la fiaba come forma di espressione popolare, riportò la novella di “Prezzemolina” nella sua raccolta di racconti napoletani “Lo Cunto de li cunti”, del 1634, e, dato che erano scritti in dialetto Napoletano “Prezzemolina” fu indicata come “Petrosilla”.

“Petrosilla” avrà forti riscontri con altre fiabe della prima metà dell’Ottocento, anche ben più famose, come “Raperonzolo” e “Cenerentola” dei fratelli Grimm.

Nel Veneto “Prezzemolina” la troviamo nella raccolta di favole di Giuseppe Bernoni, 1828 - 1878, che, nel 1873, diede alle stampe “Fiabe e novelle popolari veneziane” e, dato che scrisse in dialetto veneziano “Prezzemolina” fu chiamata “Parsemolina” .

“Prezzemolina” è ancora uno dei racconti di Gherardo Nerucci, 1828 – 1906, che, nel 1880, pubblicò la raccolta di “Sessanta novelle popolari montalesi”, tra queste anche quella di “Prezzemolina”.

Nel 1875 il Nerucci soffrì di un grave lutto e, in quel triste periodo, entrò in contatto con lo scrittore Vittorio Imbrian, 1840 – 1886, il quale, si appassionò all’opera del Nerucci, ne ampliò e approfondì la raccolta delle narrazioni toscane e, nel 1887, uscì la sua pubblicazione “La novellaja fiorentina”, che, alla XVI fiaba, si racconta di “La Prezzemolina”.

Gli interessi delle tradizionali popolari furono una fonte importante di studio e ispirazione anche per lo scrittore sanremese Italo Calvino, 1923 – 1985, uno dei più importanti narratori italiani del secondo Novecento, che, nel 1956, adattò sedici novelle per la sua opera del 1956 “Fiabe italiane” e, pure lui, riprese la narrazione popolare di “Prezzemolina”, conservando l’oramai classica struttura di questa fiaba: conflitto con le fate, allontanamento di Prezzemolina e suo ritorno a una vita normale.

Tutte le novelle di Prezzemolina, anche se cambiano luoghi e soggetti, hanno un elemento comune, sono arricchiti da proverbi all’inizio, nell’intermezzo e alla fine della storia.

Pietro Formentini, 1938 – 2020, autore di racconti per bambini, ha voluto chiarire, in chiave moderna, la figura di Prezzemolina:

Chi è Prezzemolina?

Una bambina

con un sapore intenso?

Nasce nell’orto

e va sulla minestra?

L’antica fata magica

l’affascina? La strega

incantatrice la lega

e non la slega? Davvero,

Prezzemolina c’è,

o forse non esiste?

Nel 1975 il prezzemolo cambiò figura, infatti, nel Parco divertimenti di Gardaland nacque “Prezzemolo”, questa volta con l’aspetto di un “draghetto” verde, dalle lunghe orecchie verdi.

Nel 1996 “Prezzemolo” fu l’eroe di un albo a fumetti e, nel 1998, fu pure spot pubblicitario del “Gelato Prezzemolo” di Sammontana. Nel 2002 “Prezzemolo” fu protagonista di una serie animata di ventisei episodi in onda su Italia 1.

La trama vede “Prezzemolo” che, con i suoi amici, è alla ricerca di quattro pietre magiche per sconfiggere la malvagia strega Zenda, che si vuole impadronire del regno di Lomur.

Anche in questo nuovo mondo fantastico di “Prezzemolo” è avvertibile il legame con l’antica narrazione greca, dove il prezzemolo era connesso a un mondo magico, in grado di comunicare con gli inferi.

La mitologia del prezzemolo è legato ad Archemoro, chiamato anche Ofelte, figlio di Euridice e Licurgo, re degli Edoni, nella Tracia.

Appena nato Archero fu affidato alla nutrice Ipsipile, regina dell’isola di Lemno, la quale, nel cercare di crescere il bambino da sola, consultò un oracolo per conoscere la sorte del lattante.

A Ipsipile fu suggerito di non poggiarlo mai per terra prima che sapesse camminare.

Pochi giorni dopo accadde che, mentre Ipsipile allattava il piccolo Archero nei pressi della foresta di Nemea, parte del regno di Licurgo, alcuni soldati greci di passaggio le chiesero dove trovare una fonte per assetarsi.

Ipsipile, dimentica della profezia, poggiò il bambino a terra e vicino a una pianta di prezzemolo, poi condusse i soldati ad una vicina fontana.

Il “Fato”, forza misteriosa alla quale niente può resistere, fece si che nei pressi della pianta di prezzemolo si nascondesse un serpente velenoso, che, subito, morse Archemoro, fecendolo morire.

Ritornata Ipsipile trovò il bambino privo di vita.

Afflitti dalle funesta sventura, i soldati uccisero il serpente e eseguirono dei superbi funerali al fanciullo, e, per scongiurare futuri castighi, istituirono in suo onore del bambino i giochi Nemei.

Per decorare il capo dei vincitori di questi giochi, utilizzarono corone di prezzemolo, convinti che questa pianta conferisse la capacità di porsi in contato con Archemoro, il cui nome significava “conduttore della morte”.

Nella cultura greca erano, infatti, ammessi incontri tra vivi e morti, purché favoriti da riti propiziatori, dove non mancava l’utilizzo del prezzemolo.

Etruschi e Romani acquisirono queste credenze e il prezzemolo divenne anche per loro simbolo d’unione del regno dei morti con quello dei vivi.

Il prezzemolo non fu solo “facilitatore” con l’oltretomba, ma quando i romani scoprirono le sue virtù in cucina lo utilizzarono subito per conferire profumi e sapori. Apicio, I secolo a.C., personaggio legato all’archeo-gastronomia, alle buone pietanze, alle cene succulente, nella sua opera “De re coquinaria“ utilizzò il Prezzemolo per la preparazione delle “Polpette di cervella”: “Prendete le cervella e scottatele in acqua, dopo di che schiacciatele bene in modo da formare una specie di purée. Mescolatela quindi a un po’ di pepe, prezzemolo e origano e alle cinque uova, lavorate con un po’ di garum e battete bene il tutto aggiungendo via via altro garum. Scortate in acqua per una decina di minuti, poi scolate il composto, stendetelo sul tavolo di cucina e tagliatelo a dadini. Mettete ora nel mortaio il resto del pepe, del prezzemolo e dell’origano, frantumate bene il tutto, mescolatelo alla farina. Prendete i dadini di cervella e rotolateli in questa farina, poi fateli di nuovo scottare in acqua. Cospargete di pepe e servite. Per questa ricetta erano consigliate anche le cervella di maiale o di montone.”

Nei secoli il prezzemolo perse la sua funzione funebre ed emersero le sue doti culinarie e farmacologiche.

Su quest’ultime Scribonio Largo, I secolo d.C., nella sua opera “De compositione medicatorum” su 271 ricette raccolte, almeno 105 sono indicate per lenire o eliminare dolori di ogni genere e gravità, dalla cefalea alla mialgia, dal mal di denti ai dolori di stomaco; in secondo luogo colpisce la vastissima gamma di sostanze impiegate per preparare i medicamenti atti a combattere il dolore, tra queste è presente il prezzemolo, come componente di amalgami d’erbe.

Lo stesso “Regimen Sanitatis Salernitanum, “Regola Sanitaria Salernitana”, della Scuola Medica Salernitana nel XII-XIII secolo per conservare in buona salute il corpo consigliava al capitolo XXII il “Del condimento universale” composto da: “Mescola per benino aglio , salvia, e pepe fino, prezzemolo , e buon vino. Se il miscuglio non si falsa, Forman sempre buona salsa”.

La “Pharmacopoeia Londinensis”, pubblicazione fondamentale del “College of Physicians”, del 1618, cataloga il prezzemolo tra le radici per eccellenza in grado di coadiuvare la digestione.

Il successo del prezzemolo nell’arte culinaria avviene Rinascimento ad opera di Bartolomeo Scappi, 1500 –1577, maestro cuciniere di Papi e cardinali, il quale, in una sua opera sull’arte del cucinare testimonia una predilezione del Pontefice Pio IV per le cosce di rana fritta con aglio e prezzemolo e descrive un piatto “Teste di storione e d’ombrina cotte in bianco, servite con prezzemolo e fiori gialli”, preparato per il pranzo della seconda incoronazione di Pio V.

In questi ultimi anni il prezzemolo sta prendendo anche nuove e diverse posizioni divenendo simbolo di sogno e attesa come nella poesia di Giuseppe Gianpaolo Casarini, 1940 – vivente:

Come il prezzemolo la Speranza

Verde come il prezzemolo è la Speranza

un prezzemolo poi che ben oltre travalica

le virtù il sapore dell’odorosa erba medica

culinaria guai se mancasse a quella mensa

nostra dei sogni desideri e illusioni tante

insapore sarebbe lo stanco viver nostro.

È proprio vero che il prezzemolo è dappertutto e fa parte del patrimonio di conoscenze e delle vita dell’uomo.

q

Vuoi ricevere la rivista Taste Vin?

Scrivici