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La magia del Cetriolo tra storia, linguaggio e gin & tonic

di Enzo Gambin

I cetrioli, spesso considerati un semplice ortaggio, nascondono una storia ricca e complessa che si intreccia con le tradizioni botaniche, linguistiche e culturali di diverse civiltà.

Botanicamente classificati come “frutti a bacca”, i cetrioli si sviluppano da un unico fiore e contengono al loro interno piccoli semi, appartenendo così alla stessa famiglia di zucche, meloni e angurie, noti come peponidi.

La parola peponide proviene dal verbo greco “πέπτω”, “peptō, “maturare”, da cui il termine “πέπων”, “pepōn”, “maturo”.

Questo stava a indicare che questi “frutti bacca” erano buoni da mangiare solo se colti maturi.

Il cetriolo sembra avere origini selvatiche nelle regioni ai piedi dell’Himalaya, anche se alcuni lo ritengono originario dell’Africa.

Gli antichi egizi già lo coltivavano e lo chiamavano “shiut”, un termine che rifletteva la loro familiarità con questa pianta, attraverso loro, il cetriolo si diffuse prima nelle civiltà greca e poi romana.

Il termine “cetriolo” deriva dal greco antico “σίκυος”, “sikyos”, un nome generico, che si riferiva a varie piante rampicanti, che si avvinghiano ad altre mediante i cirri, prodotti dai fusti e dai rami, e che potrebbe, a sua volta, derivare dalla radice sanscrita, “c’arbata” e “c’inbhita”, con il significato di “curvo” o “piegato”, anche usato per indicare i vasi da distillare i liquidi.

I vasi da distillazione antichi, noti anche come alambicchi, avevano spesso forme arrotondate o allungate, simili a quelle dei cetrioli, che permettevano di raccogliere e condensare i vapori.

Per quanto riguarda il periodo in cui si parlava il sanscrito, è importante notare che questa lingua antica era principalmente utilizzata in India, con testi che risalgono a oltre 3.000 anni fa, e durante questo periodo, la distillazione era già conosciuta e praticata in varie culture, anche se le tecniche e gli strumenti specifici potevano variare.

La parola “σίκυος”, “sikyos”, passò al latino con il nome di “citriŏlum”, da cui arrivò al nostro cetriolo. Questo passaggio offre un interessante spunto su come le parole possano evolversi e cambiare forma attraverso le lingue e le culture.

Quanto al passaggio dal greco “σίκυος”, “sikyos”, al latino “citriŏlum”, osserviamo come le differenze nei suoni e nelle regole di pronuncia delle due lingue abbiano influenzato la forma della parola.

Ad esempio, il suono “σ”, “s” in greco è stato trasformato in “c” in latino, e il suffisso “-ŏlum” è stato aggiunto o per adattarsi meglio alle regole grammaticali del latino, oppure per indicare una produzione più piccola di frutti rispetto all’originale, quindi, “citriŏlum” può essere interpretato come “piccolo cetriolo” o “cetriolino”.

Nel corso del tempo, il termine latino “citriŏlum” ha subito ulteriori trasformazioni linguistiche, passando attraverso varie forme come “citreolus”, “cetriuòlo”, “cedriuolo”, alla fine, “cetriolo” nell’italiano moderno, rivelando come la lingua italiana ha una matrice greco-latina.

Questi cambiamenti riflettono l’evoluzione naturale della lingua e l’influenza di dialetti regionali e variazioni fonetiche.

Lo stesso cambiamento del termine “cetriolo” lo troviamo anche tra l’antica lingua ebraico-semitica e l’arabo. Il cetriolo è, infatti, menzionato nella Bibbia come “קִשֻּׁאִים”, “qishu’im”, nel libro dei Numeri, capitolo 11, versetto 5 (CEI), probabilmente scritto tra il VI e il V secolo a.C., dove gli Israeliti ricordano i cibi che mangiavano in Egitto: “Ci ricordiamo dei pesci che mangiavamo in Egitto gratuitamente, dei cetrioli, “קִשֻּׁאִים”, “qishu’im”, dei cocomeri, dei porri, delle cipolle e degli agli.”

Questo episodio è riportato anche nel versetto 61 della Sura Al-Baqara (La Vacca) del Corano, probabilmente scritto nel VII secolo d.C., quindi 12-13 secoli dopo. Il versetto narra che il popolo di Mosè chiese diversi tipi di cibo: “O Mose, non possiamo più tollerare un unico alimento. Prega per noi il tuo Signore che, dalla terra, faccia crescere per noi legumi, cetrioli (قثاء, qiththa’), aglio, lenticchie e cipolle!”. Egli disse: “Volete scambiare il meglio con il peggio? Tornate in Egitto, colà troverete certamente quello che chiedete!”. E furono colpiti dall’abiezione e dalla miseria e subirono la collera di Allah, perché dissimulavano i segni di Allah e uccidevano i profeti ingiustamente. Questo perché disobbedivano e trasgredivano.

L’ebraico e l’arabo sono entrambe lingue semitiche e condividono molte radici comuni, ma più di 1000 anni di sviluppo indipendente hanno portato a variazioni significative. In entrambe le lingue, l’inizio della parola è simile: “qish” in ebraico “קִשֻּׁאִים”, “qishu’im”, e “qith” in arabo “قثاء”, “qiththa”. Questa somiglianza riflette le radici comuni delle lingue semitiche, che spesso condividono strutture fonetiche e lessicali simili. È affascinante vedere come, nonostante i secoli di evoluzione e le influenze culturali diverse, le lingue mantengano tracce delle loro origini comuni.

È interessante come un semplice ortaggio possa raccontare storie così complesse e attirò pure l’attenzione di Lorenzo de’ Medici, noto anche come Lorenzo il Magnifico, 1449 – 1492, mecenate, poeta e politico italiano del Rinascimento. La sua poesia sui cetrioli “Canzona delle forese, vv. 13-20” (Canti carnascialeschi) potrebbe sembrare un semplice scherzo o un modo per esprimere un punto di vista insolito su questo ortaggio:

Cetrïuoli abbiamo e grossi,

di fuor pur ronchiosi e strani;

paion quasi pien’ di cossi,

poi sono apritivi e strani;

e’ si piglion con duo mani:

di fuor lieva un po’ di buccia,

apri ben la bocca e succia;

chi s’avezza, e’ non fa male

Nella sua poesia, Lorenzo descrive i cetrioli come “ronchiosi e strani” all’esterno, ma rivela che sono “apritivi e sani” all’interno, immagine che fa riferimento al loro sapore fresco e dissetante.

Nel periodi dei Lumi, Carl Linnaeus, noto anche come Carolus Linnaeus, 1707-1778, biologo e medico svedese, formalizzò la nomenclatura binomiale, inserendo il cetriolo nella famiglia delle zucche, le cucurbitacee.

Poiché il cetriolo si ottiene tramite la semina, scelse come secondo nome “sativus”, che significa “che va seminato”, da cui il nome botanico di “Cucumis sativus”.

Nello stesso periodo, Samuel Johnson, 1709-1784, noto per il suo acume e la sua lingua tagliente, scrisse sul cetriolo: “Un cetriolo va affettato con cura, condito con pepe e aceto, e infine buttato via, come buono a niente.” La sua affermazione è esagerata e deliberatamente sprezzante nei confronti del cetriolo, ma in modo provocatorio. Nonostante ciò, il cetriolo ha una storia botanica e culinaria affascinante, la sua semplicità nasconde una varietà di usi e tradizioni. A volte però la sua presenza nella letteratura e nella raffigurazioni storiche ottengono interpretazioni diverse, come quelle degli studiosi Jules Janick, classe 1931, e Harry S. Paris, classe 1984, che affermano che sia Columella e sia Plinio descrissero il cetriolo come simile a un serpente e peloso, perciò sono dei meloni. Aggiungono poi che un affresco parzialmente conservato nelle rovine di Ercolano mostra diversi meloni serpente striati all’interno e accanto a un grande vaso di vetro, indicando che i meloni serpente non erano solo mangiati freschi, ma anche sottaceto. Ancora, scritti ebraici di autori ebrei del II e III secolo menzionano i “קִשֻּׁאִים”, “qishu’im” più volte e questa parola è stata tradotta in inglese come cetrioli. In questi scritti, anche i qishu’im sono descritti come pelosi e, inoltre, devono subire il “פִּקּוּס”, “pi-kus”, la rimozione dei peli, per essere adatti al consumo. Ancora una volta, la peluria dei giovani frutti indica che si tratta di meloni, non di cetrioli. I due autori poi fanno riferimento al botanico Teofrasto asserendo che la sua descrizione riguardava i meloni, come pure alcuni dipinti murali egiziani antichi che rappresentano dei frutti allungati sono stati interpretati come cetrioli, ma, secondo i due studiosi, sono più coerenti con i meloni.

Probabilmente anche a seguito di queste curiosità botaniche sul cetriolo, il celebre giornale americano New York Times ha dedicato un approfondito articolo ai “cucumber melon,” la versione inglese dei Cetrioli Caroselli pugliesi. Questi cetrioli Caroselli sono incredibilmente simili ai cetriolini e stanno conquistando il cuore degli americani. Il protagonista di questa storia è il professor Jay Tracy, un insegnante per non udenti,che ha creato un blog dedicato che sta guadagnando sempre più popolarità negli Stati Uniti.

In Puglia, i cetrioli carosello hanno nomi diversi nei dialetti diversi, come cucumbrazzo, cummarazzo, carusill, casridd, pagnottella, spuredda, cucummari, minuncedde, e non è così sbagliato pensarlo come un melone-cetriolo, anche se non sviluppa la caratteristica dolcezza del melone e data l’assenza della cucurbitacina risulta ben più digeribile del cetriolo. Dalla forma più o meno allungata, presenta striature verde chiaro sulla buccia, può risultare coperta da una leggera peluria superficiale, si mangia a crudo.

Non solo il Cetriolo Carosello, della stessa specie si ha anche il Cetriolo Barattiere, più tondeggiante che può raggiungere dimensioni considerevoli, anche vicino al chilo di peso.

Le caratteristiche di queste due varietà di cetriolo hanno aiutato a risolvere i dubbi degli storici botanici Jules Janick e Harry S. Paris, portando maggiore chiarezza agli studiosi.

L’interesse per il cetriolo non si è limitato alla botanica: persino ‘Hendrick’s’, un noto marchio di gin, ha istituito la “Giornata Mondiale del Cetriolo”, celebrata il 14 giugno. Questa iniziativa ha lanciato un esperimento globale per coltivare il cetriolo più saporito di tutti, fornendo consigli sulla coltivazione, inclusi dettagli curiosi come l’ascolto di musica rock o classica per favorire la crescita di frutti più grandi e saporiti.

La creazione di una festa del cetriolo da parte di un marchio di gin potrebbe essere stata una mossa di marketing creativa e divertente, il gin, infatti, è sovente servito con una fetta di cetriolo come guarnizione, specialmente in cocktail come il Gin & Tonic.

In un mondo di cetrioli e gin, la festa del cetriolo si fa strada tra bicchieri di cristallo e risate.

Il gin, elegante e profumato, abbraccia il cetriolo con affetto sincero, mentre il frizzante tonic si unisce al coro. Così, tra note di lime e gocce di rugiada, la festa del cetriolo prende vita, è un’occasione unica, un’esperienza rara, dove il gin e il cetriolo ballano insieme all’infinito.

In questa danza, si cela un’antica storia, dove il primitivo cetriolo si unisce ai cristalli e alla musica, creando un connubio magico e indimenticabile.

Dalla sua antica origine fino alle moderne celebrazioni, il cetriolo ha viaggiato attraverso le culture e le epoche, portando con sé storie affascinanti e tradizioni inaspettate.

La sua semplicità nasconde una ricchezza di significati e usi che lo rendono unico nel mondo degli ortaggi.

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