Prosecco DOC: sfide nella storia
di Franco Sperotto
La viticultura mondiale ha affrontato sfide che si sono susseguite nella storia, dovute alla comparsa di malattie e pesti in seguito agli scambi commerciali con altri territori climaticamente ed ecologicamente differenti. Nel corso del tempo l’uomo, grazie alla ricerca scientifica, ha affrontato e superato queste sfide, garantendo continuità alla produzione viticola per secoli.
La sostenibilità è il punto di incontro tra l’oggi e il domani: è data dalla capacità di mantenere una produttività utile nel lungo periodo nel quale vanno valutati aspetti di tipo energetico, economico, sociale ed ecologico.
Poiché ogni agrosistema si sovrappone ad un ecosistema naturale, un certo impatto ambientale è in assoluto inevitabile. Pertanto, è necessario sviluppare una certa sensibilità per capire quali interventi mettere in atto per ridurre il più possibile l’impatto del sistema agricolo, mantenendo e preferibilmente aumentando la qualità del prodotto finale.
Nel corso dei secoli la produzione del Prosecco venne completamente abbandonata dai viticoltori del Carso triestino e del Collio friulano, sviluppandosi invece lungo le colline venete, in particolare nella provincia di Treviso (zone di Valdobbiadene, Conegliano ed Asolo). Lo straordinario successo ottenuto dal Prosecco a partire dal secondo dopoguerra ha creato una serie di tentativi di imitazione: vini denominati “Prosecco” sono stati prodotti in Sudamerica (“Prosecco Garibaldi” in Brasile), in Croazia (“Prošek”), in Australia (“Prosecco Vintage”) eccetera.
Diventando quindi urgente una regolamentazione legislativa che arginasse il fenomeno ed essendo vietato dalle norme internazionali proteggere il nome di un vitigno (era invalso infatti l’uso di chiamare “Prosecco” il vitigno produttore del vino), si rese necessario ricollegare la produzione veneta col nome della località originaria del Prosecco, e cioè la località omonima presso Trieste, nel contempo ripristinando gli antichi nomi - “Glera” e “Glera lungo” - dei vitigni. Si decise quindi di creare un’area di produzione contigua molto più vasta della precedente, contenente anche alcune province nelle quali il Prosecco non era mai stato prodotto o prodotto in quantità limitatissime (Venezia, Padova, Belluno) o dove la produzione era praticamente cessata da secoli (Trieste, Gorizia, Udine).
Le uve destinate alla produzione di Prosecco DOC provengono principalmente dal Glera, un vitigno autoctono dell’Italia nord orientale, noto fin dai tempi dei Romani.
La Glera è un vitigno a bacca bianca. Ha tralci color nocciola e produce grappoli grandi e lunghi, con acini giallo-dorati. La sua coltivazione prevede, oltre all’orientamento verticale dei germogli e all’eliminazione di quelli in soprannumero, anche interventi di cimatura e legatura per ottenere un microclima adatto all’accumulo di sostanze aromatiche sulla bacca.
Insieme alla Glera, fino ad un massimo del 15 %, vengono storicamente utilizzate altre varietà: Verdiso, Bianchetta Trevigiana, Perera, Glera lunga, Chardonnay, Pinot Bianco, Pinot Grigio e Pinot Nero, vinificato in bianco.
La DOC Prosecco oggi è particolarmente estesa, comprendendo nove province: Belluno, Gorizia, Padova, Pordenone, Treviso, Trieste, Udine, Venezia e Vicenza. Tra colline e pianura, si è passati da circa 5000 ettari vitati censiti prima del 2009 ad oltre 15000 ettari registrati negli anni successivi.
Tuttavia, è lungo le colline trevigiane che congiungono Conegliano a Valdobbiadene che le viti di Glera, spesso secolari e arrampicate lungo pendii irti e scoscesi, danno la loro massima espressione qualitativa.
Ed è proprio per dare maggiore risalto alle caratteristiche dei vini prodotti in questa zona che, accanto alla DOC Prosecco, nel 2009 è stata contemporaneamente istituita la DOCG Conegliano Valdobbiadene Prosecco che comprende il territorio collinare di 15 comuni (Conegliano, San Vendemiano, Colle Umberto, Vittorio Veneto, Tarzo, Cison di Valmarino, San Pietro di Feletto, Refrontolo, Susegana, Pieve di Soligo, Farra di Soligo, Follina, Miane, Vidor, Valdobbiadene).
A distanza di 15 anni, due importati eventi hanno interessato questo territorio ed il suo vino. Il 7 luglio 2019 è stato ufficializzato il riconoscimento Unesco come Patrimonio dell’Umanità delle Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene, cui ha fatto seguito, ad agosto, l’aggiornamento del relativo disciplinare di produzione in risposta all’esigenza dei viticoltori rappresentati dal Consorzio della Docg di esaltare il terroir e le caratteristiche qualitative superiori delle vigne collocate lungo gli stretti terrazzamenti collinari che disegnano il paesaggio.
In particolare, accanto alla celebre sottozona del Cartizze è stata identificata un’altra “Unità Geografica Aggiuntiva”, le “Rive”, caratterizzata da una pendenza così accentuata da rendere la vendemmia manuale assai difficoltosa e lunga. Inoltre, per omaggiare e salvaguardare una antica tradizione spumantistica del territorio è stata riconosciuta la tipologia “Sui Lieviti” per il Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore, spumante rifermentato in bottiglia secondo un metodo, cosiddetto, ancestrale che precede storicamente quello tradizionale e il Martinotti. Infine, per assecondare i gusti del consumatore moderno è stata introdotta la tipologia Extra Brut (con residuo zuccherino tra 0 e 6 gr/lt.).
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