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La grappa: distillato di pregio

di di Giorgio Salvadori

La grappa, in quanto acquavite, è stata concepita nell’ambito degli studi della Scuola Salernitana che, intorno all’anno Mille, codificò le regole della concentrazione dell’alcol attraverso la distillazione e ne prescrisse l’impiego per svariate patologie umane garantendo ai distillati un imperituro successo. Le vinacce, materia prima alcoligena povera (rispetto al vino, tanto per fare un esempio, contengono i due terzi di alcol in meno), ma molto diffusa, furono immediatamente prese in considerazione e, della loro acquavite, si parla già nel 1400. Le prime testimonianze dello studio sulla distillazione delle vinacce risalgono però al 1600 e sono dovute ai Gesuiti, tra i quali va ricordato il bresciano Francesco Terzi Lana. Fino agli inizi del XIX secolo non vi è però una distinzione tecnologica netta tra i distillati alcolici, poi l’Italia della grappa scelse una propria strada che portò alla creazione di una bevanda con caratteristiche uniche e irripetibili.

La Distillazione è una nobile arte capace di estrarre l’anima di un prodotto, la vinaccia!

Il risultato della sapiente lavorazione di mani esperte come quelle del mastro distillatore che, a seconda delle caratteristiche dell’apparecchio distillatorio, riescono a trasformare un prodotto scuro e corposo come la vinaccia, in un liquido incolore e cristallino, ricco di infinite sensazioni organolettiche date anche dalla qualità della materia prima.

Il palato sofisticato di una Donna, ne interpreta finemente le caratteristiche organolettiche.

Gli apparecchi per la distillazione, ovvero gli alambicchi, si dividono in due categorie: continui e discontinui.

Gli apparecchi continui distillano senza interruzioni dell’impianto, permettendo così di distillare grosse quantità di vinaccia. Vengono utilizzati soprattutto a livello industriale.

Gli apparecchi discontinui distillano per fasi, oguna di queste viene definita cotta, dove l’alambicco viene caricato di vinaccia che, una volta esausta, viene eliminata e quindi si ripete dall’inizio ricaricando l’alambicco e così via.

Una caratteristica degli alambicchi discontinui è dal modo in cui la fonte di calore viene trasmessa alla vinaccia da distillare. Questi si dividono in: alambicchi a fuoco diretto, a bagnomaria e a caldaiette a vapore.

Gli alambicchi a fuoco diretto la caldaia viene messa a diretto contatto col fuoco; a bagnomaria la caldaia è provvista di un’intercapedine nella quale passa acqua o vapore; a caldaiette a vapore le caldaiette sono provviste di cestelli dove si mette la vinaccia che viene distillata facendola attraversare da un getto di vapore. Terminata la fase della distillazione, la Grappa viene poi affinata o aromatizzata realizzando così numerosi prodotti per numerosi palati!

Il mastro distillatore è elemento fondamentale per determinare il profilo organolettico della grappa, è il vero autore dell’acquavite, è molto più importante del vitigno o dell’ecosistema in cui è maturata l’uva.

In Italia questa figura è sempre stata troppo poco valorizzata rispetto alla sua importanza: basti pensare che risulta, quasi sempre, più difficile riconoscere all’assaggio il vitigno dal quale deriva una grappa rispetto alla mano che l’ha prodotta. La normativa vigente consente quindi di citare in etichetta sia il mastro distillatore che l’alambicco con il quale forma un binomio fondamentale per la caratterizzazione della grappa.

 

 

STORIA E ORIGINE DEL GIN

 

Il Gin, è un distillato dai molteplici nomi: Jenever, Genever, Genièvre, Peket, Holland Gin o Dutch Gin sono solo per citarne alcuni. Oltre ad essere la bevanda nazionale dei Paesi Bassi e del Belgio, il Gin vanta una storia lunga ed affascinante.

L’origine di questo liquore è abbastanza incerta e controversa. La teoria più accreditata ne attribuisce l’invenzione al professor Francisco Della Boe, docente di medicina e fisica presso l’Università di Leyden, in Olanda, che nel 1600 sperimentò un rimedio per i disturbi di stomaco e dei reni usando alcol di grano e bacche di Ginepro (juniperus communis). Nacque così la ricetta del Genever che, solo più tardi e con alcune modifiche, diventerà “Gin”. Il Genever fu inizialmente commercializzato come olio terapeutico, a basso costo ma da lì a poco sorsero le prime distillerie che cominciarono a produrlo su larga scala.

Dall’Olanda il Genever si diffuse in Inghilterra dove, in breve tempo, raggiunse l’apice della produzione. La diffusione della bevanda in Inghilterra è legata a due eventi in particolare. Il primo è costituito dalla Guerra dei Trent’anni (1618-1648) in cui Olandesi e Inglesi combatterono come alleati contro la Spagna. Il “Dutch Corage”(coraggio olandese), così era soprannominato il Genever dai soldati inglesi, veniva bevuto dai soldati olandesi prima della battaglia e ben presto venne utilizzato anche dai soldati inglesi che lo apprezzarono al punto da portarlo con sè in patria al termine del conflitto. Il secondo evento è costituito dall’avvento del nobile olandese Guglielmo d’Orange, sposo di Maria II Stuart, sul trono d’Inghilterra e Irlanda nel 1689. Da buon olandese Guglielmo era un grande estimatore della bevanda. Fu così che un anno dopo la sua salita al trono, nel 1690, per colpire la diffusione dell’odiato cognac prodotto dai nemici francesi, vietò l’importazione di distillati stranieri e indirizzò le eccedenze dei cereali della Corona alla produzione di alcol da destinare alle distillerie di Gin.

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