Patrimonio "Unesco" le colline del Prosecco Superiore DOCG
di S.G.
Le Colline dell’UNESCO nelle terre del Prosecco Superiore DOCG di Conegliano e Valdobbiadene, nel nord-est dell’Italia, rappresentano un paesaggio caratterizzato da dorsali collinari, ciglioni (piccoli vigneti su strette terrazze erbose), foreste, villaggi e coltivazioni. Per secoli questo terreno aspro è stato modellato e adattato dall’uomo e sin dal 17° secolo l’uso dei ciglioni ha creato un particolare paesaggio a scacchiera formato da filari di viti parallele e verticali rispetto alla pendenza, Nel 19° secolo la tecnica di coltivazione della vite denominata “bellussera” ha contribuito a comporre le caratteristiche estetiche del paesaggio.
La “bellussera”, ideata dai fratelli Bellussi per combattere la Peronospora alla fine dell’800, prevede una disposizione geometrica delle piante di vite realizzata attraverso l’utilizzo di file di pali in legno alti circa 3 o 4 metri, le cui sommità, unite con fili di ferro, si incrociano formando una raggiera. Le viti che si arrampicano sui pali vengono fatte sviluppare seguendo i fili di ferro della struttura e formano un vigneto che, da una veduta aerea, appare come un gigantesco alveare, un ricamo geometrico della natura, che disegna il territorio in modo quasi astratto. Questo metodo antico consente tuttora una viticoltura esclusivamente a mano.
L’aspetto a mosaico del paesaggio è il risultato di pratiche rispettose dell’ambiente e che fanno un uso virtuoso del territorio, oggi come nell’antichità: i piccoli vigneti sui ciglioni coesistono con angoli di foresta, piccoli boschi, siepi e filari di alberi che servono da corridoi per collegare diversi habitat, i villaggi sono disseminati nelle strette vallate o appollaiati sulle sommità.
Le colline dell’alto trevigiano che si intrecciano tra la valle del Piave e quella del Meschio ospitano quella che può essere defini-ta la Civiltà del Conegliano Val-dobbiadene Prosecco Superiore. Le alture, create dalla terra mentre sollevava dal mare le Dolomiti, sono infatti un habitat ideale per l’eccezionale vino, che qui viene prodotto grazie alla straordinaria comunità di uomini e donne che vi abita. Queste persone, con il loro lavoro, la loro tenacia e il loro sapere, hanno creato con caparbietà quello che costituisce il vertice qualitativo del più incredibile evento enologico mondiale dell’ultimo secolo.
La natura ha insomma fatto la sua parte, ma è la gente di qui che ha dato vita al fenomeno Prosecco, che lo alimenta e lo fa crescere in qualità, quantità e valore, con una progressione tanto paziente quanto continua, creando lavoro e ricchezza. In ciascuno dei Comuni collocati tra Conegliano e Valdobbiadene ogni famiglia è in qualche modo coinvolta nel vivere e far crescere in maniera corale la Civiltà del Prosecco, direttamente o indirettamente, anche quando i suoi componenti operano in settori del tutto diversi da quelli della filiera enologica. “Alla base del successo ormai mondiale c’è insomma il capitale umano che si è formato attorno ad un vino che ha saputo conquistarsi l’apprezzamento di ogni “categoria” di consumatore”. Donne, giovani, anziani, estimatori del vino, neofiti, bevitori occasionali: ciascuno di questi segmenti riconosce in sé molte buone ragioni per essere il consumatore ideale di Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore, delle sue “Rive” e del Cartizze, che sono gli “strati” di vertice della piramide “Prosecco”.
Questo vino si è fatto strada con freschezza, semplicità e giovialità, quasi in sordina e senza esibizioni muscolari, senza necessità di spiegazioni e descrizioni complesse perché è anzitutto piacevole da bere, senza bisogno di commenti e interpretazioni.
Il lungo cammino che l’ha portato al successo planetario attuale non è stato percorso in maniera casuale.
Certo, Antonio Carpenè è stato nella seconda metà dell’800 un geniale precursore, ma la crescita ha riguardato tutti e ha potuto fare leva sulla scuola enologica di Conegliano, la prima creata in Italia giusto un decennio dopo l’ingresso del Veneto nella nuova nazione. Per questo ai confini dell’area DOCG i visitatori sono accolti da un cartello, realizzato dal Consorzio di Tutela, che ricorda loro come quest’area sia il vero luogo di nascita del Prosecco “Superiore dal 1876”.
La scuola è stata, ed è, un faro, intrinsecamente connesso con il territorio e con il vino che vi si ottiene, dove l’esperienza è diventata scienza e la tradizione si è fatta innovazione, dove si sono formati tecnici e sperimentatori che hanno rappresentato la colonna portante di buona parte dell’enologia nazionale.
E’ una scuola che non si è mai cristallizzata, non si è isolata dal contesto sociale, né si è chiusa in un empireo accademico, che si è evoluta fino a dare vita a corsi universitari, dottorati di ricerca e masters.
E’ in un simile scenario che il Prosecco di queste colline è diventato dal 2009 Conegliano Valdobbiadene Prosecco Supe-riore DOCG.
Questo territorio ha avuto una crescita graduale in quantità e valore, governata in maniera sostanzialmente consapevole e corale, al di là della apparente frammentazione e del grande numero delle realtà produttive coinvolte, dalle piccolissime a quelle maggiori.
“La stabilità è un valore ed è il fondamento di un rapporto serio e corretto con il mercato e con i consumatori”.
E’ con questa consapevolezza che il rapporto tra le migliaia di viticoltori e di imprese della filiera si è sviluppato più con lo spirito della competizione che con la freddezza della concorrenza a tutti costi. Emerge così anche un insegnamento etico dalla Civiltà del Prosecco, che non trascura certo i valori economici, ma dove ciascuno può legittimamente vantarsi di contribuire al più alto livello ad un successo che è davvero di tutta la comunità e che vede nel Prosecco un vino che si è evoluto, assieme ai suoi produttori, rimanendo fedele alla sua storia, senza lasciarsi prendere la mano dalle mode e dalle speculazioni.
Qui i rapporti tra le varie aziende si ispirano a principi di fedeltà, rispetto reciproco e orgoglio personale che non trovano riscontro nei contratti di scambio e fornitura dell’economia apparentemente senz’anima che domina oggi il pianeta.
Perchè qui conta la comunità e conta il suo futuro, che coinvolge tutti e che sta dando grandi soddisfazioni, anche in termini monetari, con una crescita limitata ma continua.
Ma c’è di più. Il capitale umano e professionale si esprime con modalità esemplari a livello italiano, ma non solo, dentro un contesto che crea prospettive e futuro: i giovani sotto i quarant’anni rappresentano il 36 per cento del personale che opera nelle aziende.
Nel 23,8 per cento dei casi si tratta di titolari o co-titolari di impresa. In ambito dirigenziale, i giovani che ricoprono il ruolo di responsabile export rappresentano il 54 per cento del totale, mentre tra i direttori commerciali questi rappresentano il 27,9 per cento.
Trovano ampio spazio anche le quote rosa, che coprono quasi il 38 per cento degli under 40 impiegati dalle case spumantistiche. Il consumatore, in qualunque parte del mondo si trovi, forse non conosce queste cifre e questa realtà, ma la percepisce: non solo perché gradisce sempre più il Prosecco in generale, ma anche perché avverte che il Prosecco Superiore non è una questione di semplice primogenitura, ma è qualitativamente migliore.
E perciò merita tutto il valore che chiede. Che non è mai smodato, ingiustificato o incomprensibile, bensì proporzionato alle caratteristiche espresse dal territorio e dal prodotto.
Poi ciascuno è libero di fare le proprie scelte: di gusto, di portafoglio e di occasioni di consumo. Di sicuro il Conegliano Valdobbiadene DOCG “è un successo che dà soddisfazioni e va difeso – conclude Nardi – operando nel mercato con oculatezza, dentro un quadro dove la qualità al massimo livello è un obiettivo di tutti da cesellare continuamente.
Al sistema il compito di comunicare che la qualità maggiore vale di più, non perché lo diciamo noi, ma perché il consumatore ne sia sempre più consapevole”.
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