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Valdobbiadene - Conegliano una tradizione da imitare

di Silvia Allegri

A 50 chilometri da Venezia e 100 dalle Dolomiti, in un’altitudine compresa tra i 50 e i 500 metro s.l.m., le terre del Conegliano Valdobbiadene Docg vantano un suolo nato dal mare e plasmato dal ghiaccio che gode oggi di un microclima privilegiato, al quale si aggiungono paesaggi di rara bellezza che rendono unica e indimenticabile l’esperienza della scoperta del Prosecco superiore. Non è un caso se nel luglio 2019 l’Unesco ha riconosciuto le colline di Conegliano - Valdobbiadene patrimonio dell’Umanità. Si parla addirittura di viticoltura eroica in alcune zone, per le pendenze importanti che continuano a pretendere un sapiente lavoro manuale. Nasce qui, nel 1876, la prima scuola di enologia d’Italia, e oggi l’area della Docg comprende circa 180 aziende, 450 vinificatori, 3400 famiglie in quindici comuni della provincia di Treviso e vede oggi, protagonista assoluto, il vitigno Glera.

È il 7 giugno 1962 quando undici produttori costituiscono il consorzio di tutela del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene e nel 1966 nasce Pieve di Soligo la Strada del Vino Bianco oggi Strada del Prosecco, prima strada italiana del vino. Altra tappa importante è il 2003, quando all’area dei quindici comuni del Prosecco Doc viene assegnato lo Status di primo distretto spumantistico d’Italia. Ma bisognerà aspettare il 17 luglio 2009 per vedere le anime del Prosecco trovare la sintesi più alta a livello istituzionale: lo Stato italiano riconosce infatti in questa data la nuova denominazione di origine: il Prosecco di Conegliano Valdobbiadene viene promosso a Docg e diventa la 44esima Docg italiana.

Le Colline dell’Unesco nelle terre del Prosecco Superiore Docg di Conegliano e Valdobbiadene, nel nord-est dell’Italia, rappresentano un paesaggio caratterizzato da dorsali collinari, ciglioni, ossia piccoli vigneti su strette terrazze erbose, foreste, villaggi e coltivazioni. Per secoli questo terreno aspro è stato modellato e adattato dall’uomo e sin dal 17esimo secolo l’uso dei ciglioni ha creato un particolare paesaggio a scacchiera formato da filari di viti parallele e verticali rispetto alla pendenza. L’aspetto a mosaico del paesaggio è il risultato di pratiche rispettose dell’ambiente e che fanno un uso virtuoso del territorio, oggi come nell’antichità: i piccoli vigneti sui ciglioni coesistono con angoli di foresta, piccoli boschi, siepi e filari di alberi che servono da corridoi per collegare diversi habitat, i villaggi sono disseminati nelle strette vallate o appollaiati sulle sommità.

L’aspetto a mosaico del paesaggio è il risultato di pratiche rispettose dell’ambiente e che fanno un uso virtuoso del territorio, oggi come nell’antichità. Le colline dell’alto trevigiano che si intrecciano tra la valle del Piave e quella del Meschio ospitano quella che può essere definita la civiltà del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore. Le alture, create dalla terra mentre sollevava dal mare le Dolomiti, sono infatti un habitat ideale per l’eccezionale vino, che qui viene prodotto grazie alla straordinaria comunità di uomini e donne che con il loro lavoro, la tenacia e antichi saperi hanno creato quello che costruisce il vertice qualitativo del più incredibile evento enologico mondiale dell’ultimo secolo.

La natura ha insomma fatto la sua parte, ma è la gente di qui che ha dato vita al fenomeno Prosecco, che lo alimenta e lo fa crescere in qualità, quantità e valore, con una progressione tanto paziente quanto continua, creando lavoro e ricchezza. In ciascuno dei Comuni collocati tra Conegliano e Valdobbiadene ogni famiglia è in qualche modo coinvolta nel vivere e far crescere in maniera corale la Civiltà del Prosecco, direttamente o indirettamente, anche quando i suoi componenti operano in settori del tutto diversi da quelli della filiera enologica. Alla base del successo ormai mondiale c’è insomma il capitale umano che si è formato attorno a un vino che ha saputo conquistarsi l’apprezzamento di ogni categoria di consumatore. Donne, giovani, appassionati del vino di ogni età, neofiti, bevitori occasionali: ciascuno di questi segmenti riconosce in sé molte buone ragioni per essere il consumatore ideale di Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore, delle sue “Rive” e del Cartizze, che sono gli “strati” di vertice della piramide “Prosecco”. Questo vino si è fatto strada grazie alla sua freschezza e semplicità, quasi in sordina e senza esibizioni muscolari, senza necessità di spiegazioni e descrizioni complesse perché è anzitutto piacevole da bere, senza bisogno di commenti e interpretazioni. Il lungo cammino che l’ha portato al successo planetario attuale non è stato percorso in maniera casuale. Certo, Antonio Carpenè è stato nella seconda metà dell’Ottocento un geniale precursore, ma la crescita ha riguardato tutti e ha potuto fare leva sulla scuola enologica di Conegliano, la prima creata in Italia giusto un decennio dopo l’ingresso del Veneto nella nuova nazione. Per questo ai confini dell’area Docg i visitatori sono accolti da un cartello, realizzato dal Consorzio di Tutela, che ricorda loro come quest’area sia il vero luogo di nascita del Prosecco “Superiore dal 1876”. La scuola è stata, ed è, un faro, intrinsecamente connesso con il territorio e con il suo vino, dove l’esperienza è diventata scienza e la tradizione si è fatta innovazione, dove si sono formati tecnici e sperimentatori che hanno rappresentato la colonna portante di buona parte dell’enologia nazionale. È una scuola che non si è mai cristallizzata, mantenendo una stretta connessione con il contesto sociale in cui opera e che si è evoluta fino a dare vita a corsi universitari, dottorati di ricerca e master. Questo, dunque, è lo scenario in cui il Prosecco è diventato dal 2009 Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg.

Questo territorio ha avuto una crescita graduale in quantità e valore, governata in maniera sostanzialmente consapevole e corale, al di là della apparente frammentazione e del grande numero delle realtà produttive coinvolte, dalle piccolissime a quelle maggiori. La stabilità è un valore ed è il fondamento di un rapporto serio e corretto con il mercato e con i consumatori.

È con questa consapevolezza che il rapporto tra le migliaia di viticoltori e di imprese della filiera si è sviluppato più con lo spirito della competizione che con la freddezza della concorrenza a tutti costi. Emerge così anche un insegnamento etico dalla cultura del Prosecco, che non trascura certo i valori economici, ma dove ciascuno può legittimamente vantarsi di contribuire al più alto livello ad un successo che è davvero di tutta la comunità e che vede nel Prosecco un vino che si è evoluto, assieme ai suoi produttori, rimanendo fedele alla sua storia, senza lasciarsi prendere la mano dalle mode e dalle speculazioni. Qui i rapporti tra le varie aziende si ispirano a principi di fedeltà, rispetto reciproco e orgoglio personale che non trovano riscontro nei contratti di scambio e fornitura dell’economia apparentemente senz’anima che domina oggi il pianeta. Perché qui conta la comunità e conta il suo futuro, che coinvolge tutti e che sta dando grandi soddisfazioni, anche in termini monetari, con una crescita limitata ma continua.

Ma c’è di più.

Il capitale umano e professionale si esprime con modalità esemplari a livello italiano, ma non solo, dentro un contesto che crea prospettive e futuro: i giovani sotto i quarant’anni rappresentano il 36% del personale che opera nelle aziende. Nel 23,8% dei casi si tratta di titolari o co-titolari di impresa. In ambito dirigenziale, i giovani che ricoprono il ruolo di responsabile export rappresentano il 54% del totale, mentre tra i direttori commerciali questi rappresentano il 27,9%. Trovano ampio spazio anche le quote rosa, che coprono quasi il 38% degli under 40 impiegati dalle case spumantistiche.

Il consumatore, in qualunque parte del mondo si trovi, forse non conosce queste cifre e questa realtà, ma la percepisce: non solo perché gradisce sempre più il Prosecco in generale, ma anche perché avverte che il Prosecco Superiore non è una questione di semplice primogenitura, ma è qualitativamente migliore. E perciò merita tutto il valore che chiede. Che non è mai smodato, ingiustificato o incomprensibile, bensì proporzionato alle caratteristiche espresse dal territorio e dal prodotto. Poi ciascuno è libero di fare le proprie scelte: di gusto, di portafoglio e di occasioni di consumo. Di sicuro il Conegliano Valdobbiadene Docg è un traguardo capace di dare sempre nuove soddisfazioni, e va difeso operando nel mercato con oculatezza, in un contesto in cui la qualità al massimo livello sia un obiettivo di tutti da tenere continuamente in mente.

Al sistema il compito di comunicare che la qualità maggiore vale di più, non perché lo diciamo noi, ma perché il consumatore ne sia sempre più consapevole.

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