All'insegna dell'Amarone le storiche cantine della Valpolicella
di Nino d'Antonio
E’ definito, con un po’ di ambizione, “spirito associativo”. Anche se più semplicemente esprime quel progetto di mettersi insieme per fare di più e meglio. Ed è il caso del Consorzio della Valpolicella, che nasce da un’avveniristica idea degli anni Venti, e allora privo di una sua denominazione. Così ci sarà da aspettare quel controverso ’68 del secolo scorso, perché veda la luce il Consorzio con la sua attuale etichetta.
Ne consegue che con tanta storia alle spalle, il numero dei soci finisca quasi per non sorprendere. Eppure, si tratta di una cifra tutt’altro che trascurabile. Oltre millecinquecento operatori, non è cosa da poco, sia pure in un territorio generoso e di larga notorietà come la Valpolicella.
La sede del Consorzio (fra i più accreditati d’Italia, se ne contano oltre un centinaio) è a Sant’Ambrogio, in quel vasto territorio alle falde dei Monti Lessini, che accoglie cinque Comuni, tutti leader di numerose frazioni.
Siamo a una realtà che ha pochi riscontri in Italia, dove al concetto di frazione, all’interno dei confini di un Comune, si associa spesso un abitato alquanto modesto e soprattutto privo di particolari servizi, dalle scuole al pronto soccorso. E invece le frazioni della Valpolicella sono non solo dotate di ogni sussidio necessario a una comunità, ma possono dare spesso dei punti allo stesso Comune di appartenenza.
Ma torniamo al Consorzio, che tiene insieme ben 8200 ettari di vigneti.
Un piccolo record, anche in quel Veneto che tra Valdobbiadene e Conegliano vanta realtà numeriche da capogiro. In cambio, la minore dimensione consente al Consorzio un più stretto e proficuo contatto con i soci, ai quali viene garantita un’assistenza tecnica, poco praticabile su un territorio più vasto.
Il Consorzio, infatti, dà vita a una serie d’incontri fra i produttori, allo scopo non solo di favorirne la reciproca conoscenza, quanto il confronto fra le tecniche di lavorazione, sia nei vigneti che in cantina.
Si aggiunga che sono quantomai frequenti – e produttivi – i rapporti e gli scambi di esperienze e di ricerca con l’Università di Verona, facoltà di Enologia. Un contatto assiduo e produttivo, favorito dalla presenza a San Floriano (una delle frazioni di San Pietro in Cariano) di una sede distaccata dell’Università.
Ne parlo nel corso di un cordiale incontro con Andrea Sartori, presidente del Consorzio dal 2017. “E’ innegabile che l’Amarone resti il nostro vino-bandiera, insieme al Ripasso, ma questo non ci deve portare a vivere di allori.
Le suggestioni della storia sono uno straordinario punto di forza, ma non fanno crescere.
Per cui non solo l’eccellenza (ormai la qualità è un dato acquisito dei grandi vini italiani), ma l’irripetibile identità dell’Amarone va quotidianamente difesa e promossa”.
Chiedo al presidente Sartori quali sono le “resistenze” da vincere in un Consorzio tanto affollato come quello della Valpolicella. La risposta è più che esauriente. “Tenga conto che fra oltre millecinquecento soci le differenze non sono nè superficiali nè poche. E si tratta di un divario comprensibile, se si pensa non solo al ventaglio tipologico di soci, quanto al differente peso di ognuno (per ettari e quindi potenziale produttivo) all’interno del nostro organismo. Tuttavia, posso garantirle – e lo dico con sicura convinzione – che qualche inevitabile dissenso è stato sempre superato nel clima di quello spirito associativo, che è la nostra forza….”.
E i mercati? Come vanno, presidente?
“Tirano più che bene, specie quelli tradizionali, dagli Usa al Canada ai Paesi dell’Est europeo, Ucraina in testa. Certo, ci sono ancora piazze per così dire vergini, (e penso ai Paesi Arabi), ma a parte la religione, manca - al di là dei grossi centri degli Emirati - una presenza della nostra gastronomia. E si sa bene che il cibo è il primo alleato del vino.
Intanto, prepariamoci a godere a gennaio l’anteprima dell’annata 2016 dell’Amarone. C’è molta attesa e grande fervore fra i produttori più qualificati. L’evento di Verona sarà certamente al centro dell’attenzione di quanti operano nel mondo del vino”.
Andrea Sartori è con i fratelli Luca e Paolo (ognuno per le sue competenza) al timone della Cantina che porta il nome della famiglia. Una storia che risale alla fine dell’Ottocento, con il bisnonno Pietro, vignaiolo di qualche ettaro, un po’ di vino sfuso e poche bottiglie.
Poi la mano è passata da una generazione all’altra, e a tutte va riconosciuto il merito di essere state eccezionali protagonisti di quella crescita, da cui è nata l’odierna azienda.
L’accorpamento della Coope-rativa Colognola ha così portato le Cantine Sartori a quota milleseicento ettari. La sede è a Villa Maria, una costruzione di fine Seicento, che contribuisce non poco al richiamo e alle suggestioni dell’Amarone. Qui gli spazi disponibili, ma soprattutto lo spirito di accoglienza dei titolari, hanno fatto della villa un luogo di eccezionali eventi culturali, dalla presentazione di libri ai concerti alle rassegne di Arte Contemporanea. Insomma, possiamo dire che l’Amarone è in buona compagnia.
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ANDREA SARTORI ALLA GUIDA DEL CONSORZIO
Sessantanni, portati con un largo sconto, uomo di sicuro fascino e di elegante eloquio, Andrea Sartori - un’antica famiglia alle spalle - è presidente del Consorzio Valpolicella dal 2017. Studi negli Stati Uniti, completati poi a Verona, è con i fratelli Luca e Paolo al timone dell’azienda di famiglia, che può contare su milleseicento ettari e una presenza sui mercati di mezzo mondo. Sposato con Paola, è padre di Giacomo, che segue alla Fiera di Vicenza l’andamento del settore vinicolo. Buon lettore fin da giovane, preferisce i libri di storia, grazie ai quali si è costruito un panorama abbastanza completo dei grandi eventi. Crede profondamente nell’amicizia, e cura molto quei rapporti ispirati a una sincerità quasi goliardica. Liberale laico, vive nel rispetto per gli altri e nei principi cui si ispira la dignità del lavoro. Ama la musica classica, ma anche l’opera lirica, in particolare la Traviata e Cavalleria Rusticana. Gli impegni dell’azienda lo portano a viaggiare parecchio, anche se - appena può - non rinuncia a visitare le capitali della vecchia Europa e i loro affascinanti musei. E’ un curioso della gastronomia, e segue con piacere gli esiti della cucina creativa, a cominciare da quella cinese e thailandese.. Il suo grande obiettivo: far crescere nel mondo il nome e il prestigio dell’Amarone.
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