Sagrantino: una tragedia scampata
di Michele Scognamiglio
Se il vino è biochimicamente diverso da tutte le altre bevande alcoliche, ciò è dovuto al suo variegato e complesso corredo polifenolico, noto del resto solo in parte.
Se da un lato i polifenoli sembrano essere i principali artefici delle proprietà benefiche riconducibili al vino, dall’altro, occorre tener presente che per anni, essi hanno rappresentato un grosso grattacapo per viticoltori ed enologi. Infatti, se i livelli di polifenoli nel vino non raggiungono livelli sufficientemente elevati, è necessario in qualche modo aumentarli per conferire al vino la sua caratteristica personalità organolettica e garantirne allo stesso tempo la giusta conservazione.
Viceversa, se tendono a predominare soprattutto nel caso dei tannini è necessario frenarli per evitare eccessive spigolosità.
Nel primo caso la soluzione è relativamente semplice.
Forzando le spremiture e le macerazioni si riece ad estrarre dalle bucce una maggior quantità di sostanze fenoliche, e nel caso tale pratica si riveli inefficace, si può sempre ricorrere all’utilizzo di uve diverse per arricchire i mosti iniziali. Nel secondo caso la soluzione è un tantino piu complicata. Un’ alternativa può essere quella di affidarsi al tempo, che può contribuire a smussare l’irruenza e la marcata virilità iniziale dei vini con un ragguardevole corredo polifenolico.
Un ulteriore strategia spesso combinata al lungo invecchiamento è quella di agire con estrema accortezza sui tempi ed entità di macerazione- spremitura cercando di garantire al vino il caratteristico corredo aromatico senza impoverirlo eccessivamente delle preziose sostanze fenoliche.
Le difficoltà iniziali di enologi e viticoltori (anche per le più scarse conoscenze dell’epoca) di scendere a patto con le sostanze fenoliche presenti naturalmente in alcune uve del Bel Paese hanno rappresentato il principale motivo di quello che potremo definire il paradosso italiano del vino, che per fortuna è stato in gran parte evitato.
Infatti, fino agli anni novanta furono molti i signori del vino, che anzichè complicarsi l’esistenza con la gestione della autorevolezza polifenolica delle uve locali preferirono sbrigativamente affidarsi a più discreti vitigni internazionali.
Via libera quindi nei vigneti nostrani a Cabernet-Sauvignon, Cabernet-Franc, o Merlot tra le uve rosse e Sauvignon o Chardonnay tra quelle bianche, non solo piu à la page e più versatili, ma soprattutto aspetto non trascurabile, più remunerativi in quanto ad elevata resa.
A dover cedere il posto in vigna ai più delicati vitigni con pedigree per lo più francese furono soprattutto i vitigni rossi del centro e sud della nostra penisola, con dotazioni polifenoliche importanti, tannini poderosi e titolo zuccherino elevato capace di tradursi in marcate gradazioni alcoliche.
E’ stato solo grazie alla lungimiranza di avveduti vignaioli locali, profondamente radicati al territorio ed estimatori delle cultivar originarie che molte di esse sono sopravvissute fino ai nostri giorni. Se riflettete un attimo, su quanto appena descritto dovreste convenire che si è trattato di una situazione veramente paradossale. La naturale presenza di quantità particolarmente elevate di molecole biologicamente attive in alcune uve nostrane e nei relativi vini, stava per diventare la causa della loro definitiva scomparsa.
Tra i diversi vitigni italiani che hanno rischiato una prematura quanto scellerata estinzione, troviamo eccellenze tricolori, che nel tempo e per fortuna hanno ricevuto i meritati riconoscimenti, proprio come il Sagrantino .
Le origini del vitigno umbro sono ancora avvolte nel mistero, l’ipotesi più accreditata è che il clone originario fosse una cultivar originaria della Georgia, che in base a sempre maggiori evidenze scientifiche, si candida a divenire la culla della vite e del vino.
A quanto pare fu l’interesse dei frati per l’uva dall’elevato tenore in zuccheri e la particolare resistenza della pianta alle malattie, (in virtù proprio dell’elevato corredo polifenolico, mediamente 1 Kg di uva sagrantino fornisce piu di 4 grammi di sostanze fenoliche, quantita difficilmente eguagliabile in condizioni naturali da altre uve.) a permetterne una sempre maggiore diffusione.
Il nome Sagrantino deriva da Sacer sacro, il vino infatti, assai apprezzato e ricercato già a partire dal medioevo veniva utilizzato soprattutto nella versione passito dolce, in occasione delle festività e delle funzioni religiose.
Il vino riscosse una particolare benedizione sarebbe il caso di dire dalla chiesa, guadagnandosi con tanto di attestazioni la menzione di miglior vino dello Stato Pontificio.
Furono proprio gli alti Prelati ad inasprire le pene per chiunque avesse arrecato danno alla vite “sacra” potendo arrivare a: la pena della forca se alcuna persona tagliasse la vite d’uva (Cardinale Boncompagni 1622).
Val la pena ricordare che il vino nel corso della storia ha sempre stabilito con gli “addetti alla Fede” specie con coloro che occupavano posizioni apicali, un particolare affiatamento che in molti casi ne ha permesso la diffusione ed il continuo miglioramento. L’appassimento di diversi mesi per bilanciare l’esuberanza dei tannini si rivelò la strategia migliore per il sagrantino che ben presto incontrò ed in maniera sempre piu ampia i favori anche dei laici fino al novecento.
Le due guerre e non solo in italia, privarono la nobile arte del vino di un gran numero di braccia che furono costrette ad imbracciare impietosi strumenti di morte.
E’ stato grazie a chi è restato o ha avuto la fortuna di ritornare dalle guerre che il grosso dell’italico patrimonio vitivinicolo non sia andato inevitabilmente perso.
Pur nascendo passito, il sagrantino ben presto si consacrò anche nella versione secca, il merito è il lungo riposo di almeno 33 mesi e di cui almeno 12 in legno che riesce ad arrotondare i tannini e garantire l’armonica integrazione del complesso corredo aromatico.
Il riconoscimento della DOC nel 1979, seguito nel 1992 dalla DOCG, hanno decretato la sacrosanta rinascita del Sagrantino,a testimonianza della importanza che riveste questo vino nella italica tradizione enoica.
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