Alle origini del vino
di Michele Scognamiglio
Le origini del vino sono così remote da perdersi in un folto elenco di maliose leggende.
Una di queste, fa risalire addirittura l’origine della vite ad Adamo ed Eva, lasciando immaginare che il frutto “del peccato” dal quale sarebbe stato meglio tenersi a debita distanza nel giardino dell’Eden, fosse proprio la succulenta uva e non la più discreta mela.
Non disponiamo di fonti documentarie, che ci permettano di determinare con precisione il momento e il luogo in cui l’uomo, abbia fatto per la prima volta, la conoscenza con il vino, rimanendone fatalmente e per sempre sedotto.
Nel corso degli anni, acquisizioni di paleobotanica e di archeologia spesso combinata con l’analisi molecolare (Determinanti in tal campo le ricerche dell’“enoarcheologo” Patric McGovern) hanno progressivamente arretrato la datazione della viticoltura e del vino.
Indizi attendibili, derivati dalle discipline su esposte, sembrano collocare l’origine della viticoltura, in epoca neolitica, all’incirca 10.000 anni fa (millennio più, millennio meno).
Tutto sembra aver avuto origine nella regione euroasiatica corrispondente agli attuali stati della Georgia e dell’Armenia.
E’ possibile addirittura ipotizzare che il primo areale di coltivazione della vite a scopo vinicolo, si trovasse nel Caucaso nei pressi del monte Ararat, manco a farlo apposta proprio nel luogo dove in ossequio alla tradizione Bibblica sembra si sia arenata l’arca di Noè. Non a caso il Patriarca viene unanimamente riconosciuto primo vigneron dell’umanità, in quanto una volta uscito dall’arca subito dopo il diluvio, fu il primo ad impiantare la vite allo scopo di ricavarne vino.
Tuttavia, vuoi per lo zampino del diavolo, vuoi perchè si trattava di un’annata particolarmente riuscita, Noè fu anche il primo a sperimentare gli effetti del bere smodato e per questo motivo viene da sempre ritenuto protettore degli ubriachi.
Tale collocazione temporale e geografica della vite, pur fornendoci informazioni verosimili circa l’“habitus” dei primi vignaioli della storia, nulla ci dice su come si sia giunti alla produzione del vino.
E’ probabile, che il profumato ed inebriante succo d’uva, sia stato ottenuto, in maniera del tutto casuale, così come accaduto per altri alimenti, (basti pensare alla “scoperta” del pane o alla bollitura dei cereali) che hanno profondamente condizionato il destino non solo alimentare, dell’umanità intera.
Sarebbe stata quindi, tutta colpa o merito, è questione di punti di vista, di una naturale trasformazione alcolica, ad opera di lieviti, del succo zuccherino di uva dimenticata all’interno di una rudimentale sacca di pelle animale o di una grossolana ciotola di legno.
Una ipotesi alternativa, ma assai suggestiva suggerisce che l’idea di spremere l’uva, per ottenerne una bevanda, sia venuta ad un nostro assai curioso antenato, dopo aver osservato uccelli o altri animali stranamente euforici dopo aver mangiato frutta fermentata.
La curiosità e soprattutto la possibilità di sperimentare di persona il misterioso ed improvviso effetto inebriante, potrebbero aver tirato fuori il vignaiolo già presente nei nostri avi.
All’indiscusso successo del vino nel tempo e nelle diverse parti del pianeta hanno contribuito diversi fattori.
Tra questi, occorre sottolinerare sia la versatilità della vite, sia la relativa semplicità con cui si può ottenere il vino.
L’adattabilità di Vitis Vinifera, alle diverse condizioni pedoclimatiche, la rende praticamente ubiquitaria.
Nemmeno il grano, (il meno esigente da un punto di vista climatico tra tutti i cereali) che ha accompagnato in maniera decisiva il cammino dell’uomo nel corso del tempo e dello spazio, si è mai avventurato alle stesse latitudini e longitudini della vite.
Il vino inoltre, esiste da sempre perchè ottenerlo è facile, farlo bene è un tantino più complicato.
L’uva rappresenta il prodotto ideale di partenza per il vino, perchè contiene nelle giuste proporzioni ed in perfetto equilibrio acqua, zuccheri e acidi necessari a lieviti e a batteri per dare inizio e portare a termine sia l’iniziale fermentazione alcolica che la successiva malolattica.
E’ possibile ottenere bevande alcoliche anche da altri frutti fermentati, ma in tal caso è necessaria l’aggiunta di sostanze estranee per garantire lo stesso bilanciamento raggiunto spontaneamente dal vino.
Non meno importanti almeno altri tre aspetti fondamentali di questa straordinaria bevanda: l’enorme varietà di sapori ed aromi in base al tipo di vite, alle modalità di allevamento, al clima ed alla zona, la possibilità di invecchiare secondo le metodiche di conservazione e la sua trasportabilità senza alterare la qualità del prodotto. Se rimane ancora qualche legittimo dubbio sulla precisa datazione del vino e sulle sue primitive modalità di produzione, si può tuttavia affermare che il vino, più di ogni altra bevanda alcolica, fin dalla sua lontana comparsa, ha sempre costituito parte integrante dell’alimentazione umana.
Nel bacino del mediterraneo, la vite insieme ai cereali e all’ulivo, ha dato origine alla triade alimentare per eccellenza.
Tuttavia, mentre i cereali bolliti o panificati, l’olio e le olive si sono limitati fondamentalmente ad assicurare nutrimento e sostentamento, il vino ben presto, ha oltrepassato i confini della sfera dei meri bisogni alimentari per influenzare ambiti assai più ampi e diversificati.
E così, una volta conquistato un posto di primissimo piano in ambito alimentare e commerciale, il vino non si è accontentato, è andato oltre e grazie agli effetti che è in grado di produrre, si è presto caricato di tutta una serie di connotazioni simboliche, offrendosi ai più diversificati utilizzi, dai rituali magico-religiosi alle pratiche igienico-terapeutiche.
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