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Renato Meneghetti: anime della Foresta

di Paolo Rizzi

Il ciclo include radiografie di legni che evocano paesaggi. Il variabile ritmo ed il ciclo irregolare delle venature nel legno compongono una sequenza di paesaggi marini e terrestri, ora notturni, ora immersi nella nebbia o disegnati dal vento e dal sole diretto. Da uno stesso fondo radiografico la mente distingue climi e caratteri a distanze continentali fra loro. Da vere radiografie di veri alberi: si percepiscono le venature come dune nel deserto, i nodi come astri solari e lunari, le crepe come paesaggi in tempesta. Ancora una volta l’immagine reale si trasforma con quozienti irreali di fantasia trasposta.

 

 

TRA NATURA E CULTURA: UNA DIMENSIONE NUOVA DEL PAESAGGIO

 

“...Il ciclo ”L’anima della foresta” è un’interpretazione in chiave nuova del paesaggio e, nel contempo, tradizionale, secondo la pluralità dei linguaggi che caratterizza il nostro tempo ma anche nella fedeltà assoluta alla pittura-pittura. Che significa, oggi, tornare al paesaggio dopo l’orgia delle avanguardie sperimentali? Significa, anzitutto, seguire la dimensione che hanno preso le scienze, soprattutto biologiche: la ricerca dei nessi tra l’uomo e l’ambiente, le segrete corrispondenze, le continue interazioni e simbiosi. Non si tratta più soltanto di ecologia e di rispetto dell’ambiente: si tratta di scoprire il segreto stesso della vita, l’ordine arcano che guida il nostro pianeta e l’intero cosmo. La pittura si pone come sensazione ma anche come intuizione: si addentra, al di là delle pure forme e dei puri colori, nell’alveo di un rapporto che si fa sempre più contiguo con la natura, quindi con il paesaggio. Questo non è più inteso come dominio dell’uomo, ma come parte di un tutto in cui siamo, straordinariamente e misteriosamente, compartecipi. L’esperienza dell’artista si ricollega quindi, umanisticamente, a quella dello scienziato. In tale prospettiva la pittura di Meneghetti si richiama alla tradizione veneta ed ha un privilegio: prosegue un’esplorazione che nasce con Bellini, Giorgione e Tiziano. La “rivoluzione” veneta sul crinale tra Quattro e Cinquecento è stata proprio quella di misurarsi, al di là delle mere sensazioni, con gli umori e i profumi della terra. Nel ciclo dei legni di Meneghetti il colore ha giocato un ruolo primario facendosi aria, luce, atmosfera, vibrazione fisiologica e quindi anche psicologica. L’artista d’oggi, che in un modo o nell’altro, intende richiamarsi alla storia per seguire l’impulso avventuroso di una riscoperta del mondo, ha uno strumento in più: aprirsi, culturalmente e sensitivamente, alla nuova dimensione dell’ambiente. Ai nostri occhi può sembrare una pittura anticipatrice di certe posizioni di rottura con la tradizione, che dalla frammentazione impressionista della luce spazia fino all’informale. Nella pittura di Meneghetti non esistono evocazioni dirette del lavoro scientifico, di esso, piuttosto, appaiono quasi di sfuggita gli oggetti specifici, diversi volta per volta, sempre dominati, però dallo scenario grandioso della natura e dell’uomo. I suoi sono inni, testimonianze del primo apparire; e sono immagini che si distaccano dalla tradizionale pittura di paesaggio per la presenza di quegli elementi antagonisti, come nella splendida tela “Anima della foresta 9”. Meneghetti non dipinge mai visioni realistiche della natura, ma dà forma e colore alle sue visioni interiori, così, ispirandosi alla scienza e alla tecnologia, senza rappresentare i fenomeni scientifici o le situazioni legate ad essi. Per lui, il senso delle lastre radiografiche si tramuta in una esaltante vorticosità di luci ed ombre, e l’immagine mentale dei tronchi in precipitosi tagli di tavole e aspri spaccati di nodi come nell’opera “L’anima della foresta 4”. Niente di più razionale e assoluto si poteva generare, nella visione poetica del genio...”.

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