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L'esclusivo Amarone DOCG

di Franco Tonello

Nonostante derivi dal Recioto, vino di tradizione molto antica, l’Amarone della Valpolicella ha una storia piuttosto recente. I primi esemplari risalgono agli inizi del ‘900, ma per le prime etichette bisogna aspettare il 1938, mentre la commercializzazione ufficiale risale al 1953. Il riconoscimento della DOC è del 1968, quella della DOCG del 2010.

Il nome di questo rosso veronese strutturato, Amarone, deriva dalla parola “amaro”, adottata per distinguerlo dal dolce del Recioto della Valpolicella da cui ebbe, seppure involontariamente, origine. Infatti, il recioto è il corrispondente (per zona, uvaggio e tipologia) dell’amarone, ma è un passito dolce a differenza di quest’ultimo che è sempre passito seppur secco.

I primi esemplari di bottiglie di “Amarone” senza etichetta arrivarono solo nei primi anni del Novecento per un uso familiare o destinati agli amici.

Per trovare la prima etichetta e il primo documento di vendita dobbiamo arrivare al 1938. Ottenne subito un grande successo, anche se presso un pubblico contenuto di appassionati come era e rimane la produzione di questo vino, che copre il 10% di tutta la produzione dei vini del territorio, dominati dal Valpolicella e dal Valpolicella Superiore, rossi giovani e profumati, spesso da bere subito, freschi e gustosi.

L’esperienza che serve per portare al giusto appassimento le uve destinate a questo prezioso vino è molto elevata. L’appassimento è fondamentale, tanto che qualcuno ha definito questa fase una seconda vendemmia.

Le uve, sane e perfettamente mature non solo sulla buccia ma anche internamente, sono selezionate già al momento della raccolta, nelle prime due settimane di ottobre, scegliendo i grappoli spargoli, con gli acini non troppo vicini tra loro, in modo che lascino circolare l’aria.

Queste piccole “pepite” scure sono distribuite in un unico strato sui plateaux, ampie cassette di legno, sempre più spesso sostituite da plastica traforata, per l’aerazione e per garantire una più rapida lavabilità dopo l’uso.

I plateaux sono impilati nei fruttai, locali aerati in genere sopra le abitazioni e le cantine. Posizione utile per chi deve girare e controllare periodicamente le uve e poi lavorarle in fretta, al momento giusto.

I fruttai devono essere in posizioni in cui sia consentita una costante aerazione, controllata da finestre opportunamente predisposte, dove la temperatura possa cambiare con gradualità e dove non ci siano ristagni di umidità. Per questo certe cantine storiche sono costruite su dossi e fianchi di colli in posizioni a volte improbabili, al di fuori delle regole di praticità spicciola.

A volte era la posizione del fruttaio a decidere la collocazione dell’intero edificio. Per far fronte ad un appassimento corretto, per tenere sotto controllo temperatura, aerazione, umidità, che non sono costanti ma variano man mano che all’esterno il clima cambia per via dell’inverno che si avvicina, molti produttori hanno ritenuto opportuno termocondizionare i loro fruttai.

utte le fasi, insomma, sono tenute sotto controllo da apparecchiature, soprattutto per evitare attacchi di muffe e inizi di marciume, e in sostanza per modificare eventuali condizioni sfavorevoli e riportare il processo di appassimento sulla retta via. L’appassimento dura circa 120 giorni, ma anche qualcuno di più o di meno, secondo la percentuale d’acqua contenuta in origine nelle uve. È l’acqua infatti a sparire dagli acini per via dell’appassimento, lasciando quasi intatti gli zuccheri.

La più evidente conseguenza visibile di questa fase, oltre all’avvizzimento degli acini, è la perdita di peso dei grappoli che varia secondo il tipo di uva: dal 35 al 45% per la Corvina e dal 27 al 40% per la Rondinella, quella dunque che “dimagrisce” di meno. Finito l’appassimento l’uva viene pigiata ed inizia una lenta fermentazione a bassa temperatura, anche per 30/50 giorni. Questo serve a fare in modo che gli zuccheri, per effetto dei lieviti, si trasformino in alcol. Se tutti gli zuccheri vengono fermentati, il vino potrà definirsi Amarone (da disciplinare di produzione, il residuo zuccherino consentito è di un massimo di 1,1 grammo per litro). Se invece si decide di bloccare la fermentazione e lasciare un residuo zuccherino molto più alto, allora il vino verrà chiamato Recioto.

Le uve messe ad appassire non possono essere vinificate prima del 1º dicembre. (La data varia in funzione dell’annata, l’inizio della pigiatura viene deciso ogni anno in funzione della maturità iniziale dell’uva e del grado di appassimento raggiunto)

Si richiede un invecchiamento minimo di due anni con decorrenza dal 1º gennaio successivo alla vendemmia.

Tutte le operazioni di appassimento delle uve, vinificazione, stagionatura e imbottigliamento, debbono essere effettuate nella zona DOCG. L’Amarone è uno dei vini rossi più sontuosi e opulenti che potrete trovare in tutto il mondo, un gioiello che ha reso la Valpolicella una delle mete più amate da tutti gli amanti del vino. È un’affermazione pretenziosa, ma pochi sono i vini che vantano tanta intensità ed eleganza e che hanno contribuito a plasmare il territorio e le cantine.

Tutto merito delle arele, le stuoie su cui i grappoli vengono messi per l’appassimento, che dura anche fino a quattro mesi. Appassimento che concentra e amplifica zuccheri, profumi e sapori. Ma prima di tutto diciamo da quali vitigni, orgogliosamente autoctoni, proviene l’Amarone: sono principalmente due, ossia Corvina 40/80% (e/o Corvinone non più del 50%) e Rondinella (dal 5% al 30%) a cui si affiancano altri vitigni autoctoni della Valpolicella come l’Oseleta.

Torniamo al processo di produzione. I grappoli, dopo il periodo di appassimento, vengono (ri)selezionati e poi pigiati ed ecco pronto il mosto che inizia a fermentare e poi verrà fatto riposare in botti di legno. E da qui facciamo un passo indietro…

La Valpolicella, che lo ricordiamo in latino significava valle dalle molte cantine, è sempre stata famosa fin da prima dei tempi romani per il suo vino dolce, il vino Retico, il Recioto attuale. Un nettare dolce e armonioso, pieno, prodotto appunto con l’appassimento dei grappoli.

Ma agli inizi del 1900 ci fu la trasformazione.

Dovete pensare che prima delle moderne tecniche di controllo delle temperature erano le stagioni a dare il via (con il caldo) o a fermare (con il freddo) la fermentazione nel vino. La leggenda narra che per caso, forse per un errore o per via di un inverno caldo, in una vasca di Recioto si svolse tutto il processo di fermentazione, trasformando così una cospicua quantità di zuccheri in alcol, dando vita ad un vino possente e gagliardo.

E il nome dice tutto, dal Recioto vino dolce per eccellenza, nacque questo vino secco, dai tannini gustosi, ma forti e quindi con una componente amara più spiccata.

L’Amarone è un vino alcolico, pienissimo, forse non adatti a tutti i palati, ma dal fascino unico per via della sua struttura e dell’intensità che sa raggiungere.

Il colore è molto intenso, rubino con screziature granato, che va poi evolvendo nel granato con gli anni.

Il bouquet è ampio con frutti di bosco e frutta nera, fiori secchi, anice, liquirizia e ritorni di amarene sotto spirito con un finale speziato e terroso a base di noci e nocciole.Con il tempo sviluppa sentori eterei e speziati con cannella e cardamomo, tabacco e noce moscata.

In bocca è denso, si espande caldo e molto morbido, non verticale e nemmeno mai molto affilato, ma piuttosto con un frutto rotondo e sapidità buona.

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