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C'era una volta

di T.V.

Già c’era una volta, ma ora, o quasi, non c’è più. Così infatti iniziavano le vecchie favole che raccontavamo ai nostri figli, ma qui quella che non c’è più mi sembra sia la Fiera di Verona, quell’appuntamento fondamentale nel dopoguerra per riportare l’agricoltura, ma non solo, ai fasti prebellici e che seppe gettare i fondamenti per rassegne di grande spessore internazionale, che si chiamavano: Samoter, Vinitaly, Regali, Faial, base primarie per la nascita di quell’agrindustria alimentare che oggi rappresenta uno dei punti di forza del nostro export, garantendo un saldo attivo della bilancia commerciale nazionale, sempre più interessante:

Bene a tanto impegno, frutto di uno sparuto manipolo di “cervelli” che sapevano lavorare assieme e che avevano l’ardire di confrontarsi con gli analoghi Enti fieristici mondiali (Monaco, Dusseldorf, Colonia, Barcellona, Parigi, Digione e, mai ultimo, Milano, New York, tanto per citarne alcuni, ancor oggi, fra i primari appuntamenti del sistema imprenditoriale nazionale e mondiale, a cui l’allora management seppe aggiungere Siab, Salone dell’Arte Bianca, Marmomacc divenuto uno dei riferimenti per il mondo lapideo mondiale.

Sostanzialmente un dinamismo che oggi sembra essersi smarrito, dissolto, Forse troppo appagati dai successi contabili prodotti da Vinitaly e scarsamente attenti alle dinamiche di un’economia mondiale transitata velocemente da una effimera globalizzazione, ad una economia regolamentata mediante effimeri accordi mondiali che transitano attraverso il WTO, i vari G7, G20, UE, Mercosur, i regolamenti daziari di alcune grandi sistemi economici per limitare la concorrenza di Nazioni (Cina, Brasile, etc, in primis), le competizioni belliche che frenano il dinamismo delle economie occidentali favorendo, peraltro, quei sistemi che interpretano correttamente non solo il presente e, in particolare, il futuro più immediato.

In sostanza, quelle entità che sanno leggere la inderogabile mutazione dei mercati di sistemi economico-imprenditoriali essenti da congiunture pericolose (leggi Germania, Francia, etc.).

Ebbene alcuni vertici fieristici, fra cui Verona è brillantemente assente, forse appagata dai successi finanziari di Vinitaly (dimenticando le imitazioni che hanno tentato di limitarne la centralità: ovvero, ieri, Milano e, oggi Bologna e Parigi) percorrendo ipotesi revisioniste poco incidenti e soprattutto affidando la propria sopravvivenza ad un management fideisticamente impreparato, per non inadeguato.

Già non adeguato a arginare gli attacchi che da ogni parte la sua fiera del vino deve sopportare e che non ha saputo rinvigorire (innovare) la sua Fieragricola e, al tempo stesso privando della propria centralità Marmo+Mac, e il suo storico Samoter che aveva recuperato ossigeno da una triennalità frutto di accordi internazionali con Monaco (Bauma) e Parigi (Intermat).

Tutta colpa di un management che, come nelle favole, c’era una volta e oggi non c’è più.

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