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Da Sergio, tra tradizione e innovazione

di Giancarlo Saran

E’ una bella storia, dove vicende di persone e impegno quotidiano hanno trovato una sintesi ideale. E’ questo che si respira nella storica da Sergio, in quel di Ponzano Veneto, da sempre capitale benettoniana di opere e giorni. Correvano gli anni sessanta e il ponzanese Sergio Massolin lavorava in trasferta, ai fornelli dello storico Alla Posta della famiglia Brotto. E’ qui che si inventa un taglio sottile di carne cruda di manzo che poi passerà alla storia come carpaccio sotto l’abile regia di Arrigo Cipriani. Tra un carpaccio e l’altro Sergio conosce Pina, la donna della sua vita. E’ tempo di tornare in patria e, nel 1970, apre il primo locale in centro a Ponzano. Sono gli anni in cui la famiglia Benetton sta scalando i vertici del tessile nazionale.

In breve da Sergio diventa una sorta di centro di gravità permanente di tutto il bel mondo che, progressivamente, si riunisce a Ponzano, non ultimi i piloti che domavano i cavalli ruggenti sui circuiti della Formula 1. Ayrton Senna divoratore seriale del carpaccio di scottona così come lo storico team manager di allora, Flavio Briatore, spazzolatore impenitente di gnocchi e risotti. Si cambia marcia e, nel 1987, si approda nella sede attuale. Papà Sergio viene a mancare ancora giovane, tocca a Leonardo, Leo per tutti, prendere in mano il timone di comando. Appassionato di kart, abbandona le derapate sull’asfalto per dedicarsi agli slalom tra sala e cucina. Ed è qui che entra in scena la giovane Ana Brcic, una dalmato croata da poco arrivata in Italia.

E’ un colpo di fulmine.

Ana si affianca con il dovuto rispetto a mamma Pina mentre impasta quelli che diventano quotidianamente gli storici gnocchi di famiglia e, progressivamente, diventa lei l’abile regista di tutta la trama culinaria che ha fidelizzato, nel tempo, legioni di palati, uno per tutti Dino De Poli, el paron di Fondazione Cassamarca, goloso di tutto ma, in particolar modo, delle seppie in rosso. La tradizione continua, con quel tocco di contaminazione frutto delle madeleine del cuore che Ana ha portato con sé dalla cucina di famiglia. “Da noi si usano molto di più le spezie, ma vanno dosate con sensibilità, così da valorizzare il piatto, ma senza ricoprirne i gusti propri”. Una citazione per tutti quella dell’alloro le cui foglioline, ancora bambina, andava a raccogliere per la mamma nel piccolo orticello di famiglia. “E’ utile non solo per abbellire il piatto, dandone il tocco in più al gusto, ma torna bene anche dopo, per facilitare la digestione”. Dritta utile per i peccatori seriali di gola. Ana, varcando l’Adriatico dalle coste dalmate a quelle venete ha fatto anche un’altra scoperta. “Quando, bambini, andavamo al mare, i go, i garusoli, le moeche, non venivano neanche presi in considerazione, Qui, invece, li si sa valorizzare, da sempre”. Tanto è vero che quando serve i gò ai suoi clienti li spiazza con un retrogusto tutto da indovinare (particelle d’ananas che gli danno un tocco quasi … tropicale), mentre la tradizione dalmata viene proposta con il baccalà in insalata, servito con patate schiacciate. Il tocco di modernità portato da Ana non ha scalfito i grandi classici di sempre, dove vigono alcuni pilastri che ne hanno tramandato la fama di generazione in generazione. Uno per tutti il risotto. “Siamo orgogliosi di farlo anche ad personam” ricorda Leo, quindi monoporzione per quei clienti solitari in attesa di buona compagnia. Se Davide Paolini, al tempo responsabile comunicazione per Benetton in Formula 1, ricorda ancora con nostalgia il risotto ai peperoni di nonna Pina, Ana ora rilancia, ad esempio, con quello di ovuli, capesante e zafferano, un mix delle due sponde adriatiche, che ben la riassume. Il tocco in più in vari piatti, dove troviamo contrasti armonici, come ad esempio gli spaghetti alla carbonara e gamberi o delle apparentemente semplici guancette di maiale brasate al vino rosso. Condite con spezie e aromi servite al piatto assieme alla purea di patate. L’arma segreta di questo piatto sta proprio dal legame che il cremoso fondo di cottura sa creare, ponte ideale tra le due consistenze, quella delle suine guancette e della patatosa purea. La dovuta citazione per l’insalata russa “rigorosamente fatta in casa”, come viene puntualmente ricordato dal bravo Leo. Provarla per fidelizzarsi a futuro ritorno. Leo artigiano del gelato fatto in casa, mantecato ancora con la Ferrari dei gelatai, un Carpigiani oramai settantenne, arte appresa dallo zio Carlo che gli trasmise il segreto di sostituire lo zucchero con il miele. Un apparentemente semplice panna e cioccolato, la marcia in più viene data proprio dall’insospettabile miele, non uno qualsiasi, ma di api croate nutrite di salvia assassina. Ideale affogato con uvetta macerata nella grappa, come ben sa il suo mentore Luciano Benetton.

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