La storia culturale del Mandarino
di Enzo Gambin
Dal simbolo imperiale cinese alla leggenda universale: la storia culturale del mandarino
La Cina, durante la dinastia imperiale Tang, “唐朝”, che governò dal 618 al 907 d.C., visse un periodo di grande splendore culturale, economico e politico. Gli imperatori, per governare quel vasto e complesso impero, si affidavano a una classe di funzionari altamente qualificati chiamati “官”, “guān”. Questi individui, selezionati attraverso un rigoroso sistema di esami imperiali, avevano il compito di amministrare le province e garantire la stabilità e la prosperità dello stato. I “guān” godevano di enorme prestigio sociale e rappresentavano un modello di meritocrazia che influenzò profondamente le successive amministrazioni cinesi.
Una delle tradizioni più emblematiche dell’epoca era il gesto dell’imperatore di donare ai propri funzionari una pianta di agrumi, chiamata “柑”, “kun”. Questo dono aveva un profondo significato simbolico: rappresentava un augurio di prosperità, benessere e crescita, sia personale sia familiare.
Gli agrumi, nella cultura cinese, erano già allora associati a fortuna e abbondanza, un significato che si riflette ancora oggi durante il Capodanno cinese, quando le arance e i mandarini vengono scambiati come simboli di buon auspicio.
Con la caduta della dinastia Tang, la tradizione del dono del “kun” si mantenne viva nelle corti imperiali successive. Quando i portoghesi giunsero in Cina nel 1513, sotto la guida dell’esploratore Jorge Álvares, si trovarono a interagire con i “guān”. Però, la pronuncia di questo termine cinese risultava loro difficile, così adottarono un termine più familiare, “mandarim”, derivato dal sanscrito “mantri”, usato in India e in altre regioni asiatiche per indicare un ministro o consigliere.
Notando l’usanza di donare il “kun” ai funzionari, i portoghesi trasferirono il nome “mandarim” anche alla pianta. Questo legame linguistico e culturale segnò l’ingresso del termine “mandarino” nel vocabolario europeo, arricchendo la lingua con una parola che portava con sé non solo una descrizione botanica, ma anche un’eredità culturale di favole con protanista la pianta di mandarino, come “ Il racconto del mandarino d’oro”: “C’era una volta, in un piccolo villaggio giapponese, un povero contadino che lottava per sfamare la sua famiglia. Un giorno, mentre lavorava nei campi, trovò un albero di mandarino che produceva frutti d’oro scintillante. Incapace di credere ai suoi occhi, il contadino raccolse alcuni frutti e li portò al mercato, dove li vendette per una somma considerevole.
La notizia dell’albero miracoloso si diffuse rapidamente, e il contadino divenne presto famoso per la sua generosità e il suo cuore buono. Utilizzò i proventi dei mandarini d’oro per migliorare la vita della sua famiglia e aiutare i suoi vicini in difficoltà. Grazie a questo dono divino, il contadino riuscì a salvare la sua famiglia dalla povertà, e l’albero d’oro continuò a portare prosperità e felicità al villaggio per molte generazioni”.
Nella prima metà del XIX secolo, i commerci tra l’Europa e l’Asia erano in pieno fermento, facilitati da spagnoli e portoghesi che trasportavano merci esotiche da un continente all’altro e fu durante questo periodo che i mandarini fecero il loro ingresso in Europa.
Il merito fu attribuito a Sir Abraham Hume, 1748 – 1838, un importante personaggio, appassionato collezionista di piante e floricultore britannico che, nel 1805, si recò a Canton, in Cina, in cerca di nuove e interessanti specie vegetali da aggiungere alla sua collezione.
Tra le tante piante che catturarono la sua attenzione, vi erano alcune varietà di mandarini e decise di portarli con sé alle isole britanniche.
Una volta arrivati in Europa, i mandarini furono inizialmente coltivati come piante ornamentali nei giardini delle case nobiliari e delle ville di ricchi mercanti.
Il loro aspetto esotico e il profumo inebriante dei fiori d’arancio li resero immediatamente popolari tra le classi alte.
Ben presto, i mandarini si diffusero a Malta e, successivamente, in Sicilia, dove si adattarono magnificamente al clima mediterraneo.
Dai frutti di mandarino nacque anche il “Mandarinetto” liquore tipico siciliano, noto per il suo gusto delicato e aromatico, ottenuto dall’estrazione e macerazione delle bucce di mandarini. A livello nazionale, una delle aziende più note per la produzione di “Mandarinetto” è la “Distilleria Russo”, fondata nel 1870 a Santa Venerina, Catania.
Non solo in Cina, ma anche in Europa, gli agrumi furono associati a simboli di prestigio e prosperità e furono inseriti nei “giardini segreti degli agrumi”, di epoca rinascimentale e barocca, e rappresentavano l’apice del lusso e della raffinatezza nelle corti aristocratiche. Nascosti dietro alte mura e accessibili solo ai re e ai nobili, questi giardini mediterranei profumavano dell’aroma dolce dei fiori d’arancio e qui, anche se già nell’Ottocento, trovarono posto anche i mandarini.
Come nell’antica tradizione cinese, anche qui gli agrumi non erano solo frutti, ma portatori di significati profondi legati all’abbondanza e alla serenità.
D’altra parte quello fu un periodo dove le diverse culture avevano punti d’incontro tra Oriente e Occidente, e la poesia giapponese tradizionale, in particolare gli “haiku”, celebrava anche il legame profondo tra natura e stati d’animo umani, collegando l’atto semplice di gustare un frutto all’esperienza spirituale del suono di una campana.
I mandarini, con il loro profumo dolce e la vivacità del colore, ben potevano adattarsi all’estetica del “wabi-sabi”, associazione naturale che faceva di questi frutti un simbolo perfetto della transitorietà e dell’armonia celebrata dagli haiku.
Uno tra i maggiori poeti in lingua napoletana Ferdinando Russo, 1886 –1927, assieme a Salvatore di Giacomo “‘A Madonna d’ ‘e mandarini” che riportiamo come racconto:
“La Madonna dei Mandarini”: “Quando in cielo un angioletto non fa ciò che deve fare, il Signore lo chiude in una cella buia buia. Poi si volta verso un altro e dice: – Fa’ venire San Pietro qui! E San Pietro appare: – Eccomi, Signore, quali novità? Nella cella buia buia un angioletto è rinchiuso: mettilo a pane e acqua perché ha commesso un peccato!
E San Pietro abbassa la testa e risponde: – Sissignore! Dio dice: – Ma stai attento che deve stare lì ventiquattro ore! L’angioletto, da lì dentro, si lamenta molto.... Signore, dice San Pietro, per questa volta... non fa niente. No! Così voglio! Stai zitto! Dice Dio; altrimenti ognuno se ne approfitta! In Paradiso comando io! E San Pietro volta le spalle.
Dalla cella buia buia l’angioletto piange e si agita, dice di avere paura! Ma la Madonna, quando tutti stanno dormendo sonni pieni, di nascosto da tutti va e gli porta i mandarini.”
Se il mandarino fu simbolo di serenità e pace la rivoluzione culturale degli anni Sessanta cambiò anche questo volto come nel personaggio del Mandarino, “Mandarin” della Marvel Comics, creato da Stan Lee e Don Heck nel 1964. Raffigurato inizialmente come un geniale supercriminale dai tratti consuetudinari legati alla cultura cinese, il Mandarino ottiene i suoi poteri dai dieci anelli mistici di origine aliena, ognuno dotato di abilità straordinarie.
Nel Marvel Cinematic Universe questo personaggio è stato reinterpretato per il grande schermo in due versioni: quella ironica di Ben Kingsley in Iron Man, del 2013, e quella più drammatica e rinnovata di Xu Wenwu, interpretata da Tony Leung in Shang-Chi and the Legend of the Ten Rings, del 2021. La sua figura, controversa e affascinante, riflette il potenziale narrativo del termine “mandarino”, da simbolo di autorità e saggezza orientale a rappresentazione della lotta tra tradizione e innovazione.
Su questo la poetessa Maria Grazia Armone ha un’idea propria e elogia il mandarino per la sua capacità di trasportare in un mondo di profumi, colori e sapori attraverso una scrittura lirica e immaginativa, e ritorna a celebrare il frutto come simbolo di bellezza naturale e semplicità perfetta.
Ode al mandarino
Dalla perla del fiore bianco
sbocciato in una dolce giornata
di primavera ebbe origine il mandarino.
Il mandarino: piccola sfera perfetta
arancione e calda come un sole
d’estate al tramonto.
La sua pelle sottile rinchiude nello
scrigno profumato la fresca
dolcezza di un giorno d’autunno.
Spicchi come labbra succose e
umide di dolce rugiada.
Spicchi a forma di luna rossa
stillano di fresco di una
leggera asprezza.
Il piccolo mandarino volle
ammantarsi di fresche ali verdi.
Illuminò gli alberi con le sue
piccole luci abbaglianti.
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