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Le feste natalizie con i vini dolci

di Francesca Stefani

Durante le feste, un buon bicchiere di vino è d’obbligo. Soprattutto quando accompagna i dolci natalizi.

Perfetti a fine pasto per accompagnare il dessert, questi vini si abbinano bene a dolci a base di pasta frolla (biscotti, crostate), di frutta fresca e secca, di creme e cioccolato. Si sposano perfettamente con i dolci della tradizione natalizia e pasquale, ma si possono accostare anche a semifreddi e macedonie di frutta. Possono essere degustati anche da soli per un piacevole momento di relax, come vini da meditazione. Alcuni, come ad esempio i passiti e liquorosi, accompagnano ottimamente anche formaggi maturi e saporiti.

Dolcissima trasgressione di fine pasto, il Dessert gratifica tutti i sensi, tanto che, per poterne gustare l’invitante dolcezza, a volte si decide di rinunciare al primo o al secondo piatto, anche se con un velato rimorso per il sostanzioso carico calorico. Ma se si deve trasgredire lo si faccia con convinzione e serenità, rimandando in altri momenti l’osservanza delle indicazioni per un’alimentazione equilibrata

Oltre che nei dessert, serviti a fine pasto, la dolcezza - il sapore più amato anche dai bambini - di Biscotti e Torte, Pasticcini e Torroni, Panettoni e Colombe, Croccanti e Confetti, accompagna i diversi momenti della giornata e le festività che scandiscono il passare degli anni e gli eventi più importanti nella vita.

La sensazione che detta l’abbinamento dei dessert è sempre la dolcezza. Il vino, quindi, nel rispetto del principio della concordanza, deve essere Dolce. L’ampio ventaglio dei Vini Dolci, Semplici e Freschi o Strutturati e Complessi, permette di spaziare dagli Spumanti aromatici Bianchi e Rossi alle Vendemmie Tardive, dai Passiti ai Liquorosi, questi ultimi da preferire se il dessert contiene quantità significative di liquori o di distillati. I vini passiti sono ottenuti a partire da uve sottoposte ad appassimento, che può essere pre-raccolta o post-raccolta.

Nell’appassimento pre-raccolta la vendemmia è ritardata di alcune settimane per determinare una sovramaturazione delle uve, con conseguente evaporazione dell’acqua e concentrazione degli zuccheri (con prevalenza di fruttosio, il più dolce). I vitigni, che si prestano all’appassimento pre-raccolta, sono quelli con una buccia più resistente come il Riesling, il Gewurztraminer, i Moscati e le Malvasie. Vi è il caso particolare del Picolit (coltivato in Friuli), i cui grappoli vanno incontro ad acinellatura (aborto floreale), a ciò consegue la presenza sul grappolo di pochi acini che quindi si arricchiscono di sostanze estrattive.

Nell’appassimento post-raccolta, le uve, vendemmiate anticipatamente (per ottenere una buona acidità), vengono fatte essiccare al sole su graticci o stuoie, oppure in locali appositi, a volte con un appassimento forzato (in cui si applica un sistema di ventilazione artificiale con aria riscaldata intorno ai 30°C, piuttosto secca, con un umidità del 55-60%, per evitare marciumi indesiderati) per ridurre i tempi di appassimento.

Seguono, quindi, le operazioni di pigiatura e fermentazione che avvengono in genere tra dicembre e febbraio, ma in alcuni casi si attende anche la settimana santa, per ottenere il Vin Santo in Toscana e il Vino Santo da uve Nosiola in Trentino.

Sotto l’aspetto normativo i vini passiti non sono, dunque, considerati “vini speciali”, in quanto dopo il processo di vinificazione e prima di essere immessi al consumo non vengono sottoposti ad ulteriori interventi tecnici o all’aggiunta di altri componenti.

Tuttavia, per alcuni vini passiti esiste la possibilità di addizionare alcol: in questo caso si parla di Vino Passito Liquoroso.

 

 

IL TORCHIATO DI FREGONA

 

Secondo la tradizione, l’origine del Torchiato risalirebbe al seicento circa, quando un agricoltore della frazione di Ciser, in seguito ad un cattivo andamento di un’annata agraria, pensò di porre i grappoli d’uva in un ambiente che gli permettesse di raggiungere un adeguato grado di maturità. Ottenne dopo la torchiatura e la successiva fermentazione, un vino dolce con un’elevata gradazione alcolica.

Da allora la produzione del Torchiato si è estesa a tutta la zona del Fregonese fino alla fondazione di un consorzio di tutela che ha permesso di valorizzarlo oltre che qualitativamente anche commercialmente.

Il termine Torchiato deriva da quel antico attrezzo di cantina che è il torchio, utilizzato per la torchiatura delle uve appassite che non consentirebbero una soddisfacente estrazione del mosto per mezzo delle normali pigiatrici.

E’ un vino bianco, dolce, aromatico, prodotto da uve di Glera per il 30% (che apporta al vino il profumo), di Verdiso per il 20%, di Boschera per il 25% (apportatore del particolare aroma che caratterizza il vino), e il rimanente 15% con uve provenienti da vitigni a bacca bianca, non aromatici, raccomandati e autorizzati dalla provincia di Treviso.

L’equilibrio e la bontà del vino, dipendono dalla capacità di ogni singolo agricoltore nel dosare giustamente le varie uve, si tratta infatti di un segreto che da alla tradizione un certo fascino.

La maggior parte dei viticoltori del Torchiato si sono riuniti in Cooperativa, per il coordinamento delle attività di promozione dell’immagine dello stesso e per la produzione di un prodotto unico dal nome “Piera Dolza”. La sede della cooperativa è presso l’attrezzatissimo Centro di Appassimento delle uve.

 

 

IL RECIOTO DELLA VALPOLICELLA

 

Il nome Recioto compare a Verona verso la fine dell’800 ma le origini etimologiche non sono chiare. Potrebbero dal latino “recis” (grappoli staccati) oppure da “racemus” (grappolo selezionato). Più probabilmente l’origine di questo strano nome sta nella parola dialettale “recia” (orecchio) che per molto tempo ha indicato la parte superiore del grappolo più prelibata, matura e dolce, da cui si selezionava durante la prima vendemmia l’uva per l’appassimento. È prodotto con uve appassite, frutto di una lunga e lenta fermentazione, che regalano un vino dai profumi intensi, dolce e amabile. Molto tempo fa, contrariamente ad adesso, si utilizzavano le ali dei grappoli (anche queste chiamate recie, orecchie, per la loro posizione) o le punte dei grappoli. L'appassimento delle uve è condotto nei fruttai che vengono ubicati in collina per ricevere un’adeguta ventilazione.

Questa fase si protrae dopo la vendemmia per un periodo variabile dai 100 ai 120 giorni: dopo tale periodo si manifestano l'essicamento dell'uva e l’aumento del contenuto zuccherino e degli estratti.

L'essicamento e l'aumento del contenuto di zuccheri sono solamente due dei tanti fenomeni che coinvolgono l'acino d'uva.

Bisogna sempre controllare di nuovo le uve del Recioto all'atto della pigiatura dopo l'appassimento, per eliminare grappoli ammuffiti durante la conservazione. Ad oggi le uve vengono ancora appassite, per lo meno in parte, su graticci di canna palustre sostenuti da particolari impalcature. In caduto in disuso invece l'antico sistema di appendere i grappoli singolarmente, mediante uncini, a travi o a corde.

I fruttai devono trovar posto in luoghi ben arieggiati ed asciutti.

Il Recioto della Valpolicella è un vino rosso passito dolce a denominazione di origine controllata e garantita (DOCG) prodotto esclusivamente nella Valpolicella, in provincia di Verona dai vitigni autoctoni, ovvero: Corvina, Corvinone (nella misura massima del cinquanta per cento in sostituzione della Corvina), Rondinella ma anche in percentuali minori con Forselina, Negrara e Oseleta. La Molinara uscita recentemente dal disciplinare è comunque permessa. Sono le stesse uve che vengono utilizzate per la produzione dell'Amarone.

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